Bianchi: “Quanto succede nel petrolchimico di Ferrara interessa tutto il Paese”
“Sposare il sistema economico di produzione, come risposta forte e antitetica alla fede trumpiana del puro scambio”. Questa, in sintesi, la ricetta di Patrizio Bianchi
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Un diverbio tra contrade storicamente rivali finisce con un uomo colpito all'orecchio che ha dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso dell'ospedale Sant'Anna di Cona
Era arrivato fino a Codigoro con la moglie per una tranquilla giornata di pesca. Rossano Bondioli, 74enne residente a Malalbergo in provincia di Bologna, è deceduto dopo che, lanciando la lenza, ha toccato con la canna da pesca il filo di un traliccio dell'alta tensione venendo fatalmente attraversato dalla scossa
Quasi duemila operatori impegnati durante l'arco di tutta la stagione calcistica. Al termine del Campionato di Calcio di serie C per la stagione 2024/2025, conclusosi il 17 maggio con la vittoria nella partita per i playout della Spal sul Milan Futuro, la Questura di Ferrara traccia un resoconto delle attività svolte
La scuola di Viale K in via Mura di Porta Po ha ospitato la presentazione del libro "Per un comunismo della cura" di Gian Andrea Franchi
Non ci furono pressioni indebite, né minacce da parte del medico Paolo Droghetti nei confronti di Bruno Di Lascio affinché non si ripresentasse alle elezioni del 2014 per la presidenza dell’Ordine dei medici.
È quel che è emerso durante l’ultima udienza del processo a carico di Droghetti – difeso dall’avvocato Marco Linguerri -, imputato per violenza privata ma che sembra decisamente diretto verso l’assoluzione. Di Lascio infatti, parte civile nel processo tramite l’avvocato Massimo Mazzanti e sentito come testimone, ha escluso al termine di un serrato controesame di essere stato minacciato direttamente da Droghetti, anche se ha ribadito di aver interpretato in tal senso quanto da lui riferitogli nel settembre 2014.
La querela nasce infatti da un fatto accaduto il 24 settembre 2014 – a poca distanza dalle elezioni nell’Ordine – quando Di Lascio venne raggiunto da un collega che fece da ‘emissario’ di Droghetti: “diceva che alla Giornata del medico avrei dovuto dichiarare che non mi sarei ricandidato, altrimenti c’erano delle carte che servivano a mettere in difficoltà me e i miei figli. Se non mi fossi ricandidato il nuovo consiglio mi avrebbe dato un riconoscimento per l’attività svolta e avrebbero inoltre trovato una sistemazione professionale per mio figlio Federico”. Federico, anch’egli medico, è al momento sospeso dopo un procedimento amministrativo ancora pendente.
La mattina dopo Di Lascio contattò Droghetti per un incontro. Quest’ultimo fissò un appuntamento per le 21, ma Di Lascio si recò da lui al mattino, all’improvviso ed era turbato. Droghetti confermò quanto aveva riportato in sua vece l’emissario. I due si confrontarono e spuntò il nome di Claudio Casaroli (anche lui querelato e già archiviato): Droghetti disse che fu lui nel corso di una riunione tra medici a dire che c’erano quelle carte e cosa avrebbe dovuto fare Di Lascio, ma proprio Di Lasciò rimase ancora più turbato, affermando di averlo sentito poco prima per telefono dire che non ne sapeva nulla.
L’odierno imputato allora disse che non voleva fare “la fine della fetta di prosciutto nel panino”, e chiamò più volte Casaroli, senza successo. Contattò allora un altro medico presente a quella riunione, Francesco Levato, che giunse subito: “cercò di stemperare – racconta Di Lascio -, mi disse che non era d’accordo con quell’azione perché i figli non si toccano”. E anche Levato, risulta dalla querela, affermò che Droghetti fece solo da intermediario, perché era preoccupato, anche se Di Lascio, pur ammettendo di non aver subito da lui una minaccia diretta, ha continuato a sostenere che non percepì affatto quell’intervento come un consiglio dato da un amico o, anzi, da “un ottimo conoscente da più di quarant’anni”.
Droghetti peraltro non risultava né candidato né interessato a sostenere qualche candidato in particolare in quelle elezioni. Di Lascio comunque si presentò e vinse, anche se in maniera travagliata.
Dopo la sua deposizione, il giudice Sandra Lepore ha dato una decisa accelerazione al processo, escludendo il resto dei testimoni, acquisendo agli atti la querela presentata da Di Lascio e le dichiarazioni rese dalla moglie e dichiarando chiusa l’istruttoria con rinvio a marzo per la discussione.
La vicenda, come emerso nel corso dell’udienza, si inserisce in una storia più ampia in cui Di Lascio, oltre a Droghetti e Casaroli, ha coinvolto anche Piertomaso Mecozzi – ex presidente dell’Ordine – per averlo minacciato e ricattato per non ripresentarsi alle elezioni, pena un’azione di intimidazione nei confronti dei figli: avrebbe mandato a dire di essere in possesso di carte compromettenti per lui e per il figlio e che le avrebbe usate. Ma, anche qui, come nel caso di Casaroli, tutto è finito con un’archiviazione perché quelle parole non costituivano una minaccia. Insomma, se davvero ci furono pressioni illecite nei confronti dell’attuale presidente dell’Ordine dei medici, finora non c’è stato nessun riscontro processuale.
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