Un’udienza che è servita solo per accertare la paternità del profilo Facebook quella del processo che vede imputato per diffamazione contro una cinquantina di dipendenti Carife l’avvocato Giuseppe Toscano.
I fatti risalgono all’estate 2013, con la banca appena commissariata. Toscano, ormai da tempo molto critico con la ex dirigenza, non tralascia di addossare le colpe anche agli sportellisti, postando su Facebook (oggi il profilo è chiuso) colorite frasi al vetriolo nei loro confronti. Però sono generiche, non indicano nomi e cognomi, e su questo si giocherà buona parte dello scontro tra accusa (solo la procura, un problema formale ha fatto saltare la costituzione delle parti civili) e difesa (Toscano è difeso dall’avvocato Claudio Maruzzi).
Attribuire la paternità del profilo Facebook è importante anche perché ci fu una richiesta di archiviazione da parte della procura proprio per l’assenza di certezza sotto questo aspetto. Ma i dubbi sono stati fugati nell’udienza di martedì, di fatto interlocutoria e preparatoria per quella del prossimo giugno quando sarà lo stesso Toscano a parlare.
Davanti al giudice Carlo Negri sono comparsi tre testimoni: l’ispettore della polizia postale Enrico Fogli – che ha fatto le indagini per attribuire la paternità del profilo Facebook a Toscano (non riuscendoci in modo diretto perché il social network non rilascia informazioni) – e due “amici” dell’avvocato che con lui hanno interloquito sul social network. La piccola curiosità è che uno di loro – Gianfranco Mastella – si è detto il fattore scatenante del decreto salva banche, essendo stato adottato una settimana dopo una sua partecipazione in tivù in cui esponeva i problemi della Cassa estense.
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