Il lavoro deve essere vita, non morte
La sicurezza sul lavoro non è un costo: è il fondamento di un lavoro giusto, umano, rispettoso della dignità. La morte di una lavoratrice mentre svolge il proprio mestiere è un oltraggio che interroga tutti
La sicurezza sul lavoro non è un costo: è il fondamento di un lavoro giusto, umano, rispettoso della dignità. La morte di una lavoratrice mentre svolge il proprio mestiere è un oltraggio che interroga tutti
“I dazi americani al 30% sulle merci di provenienza UE avranno effetti devastanti sulle aziende italiane e, tra queste, sulle piccole e medie imprese del nostro territorio”. Jessica Morelli, presidente di Cna Ferrara, fa suo l’appello all’Europa lanciato dalla Cna Nazionale
A Ferrara le imprese guidate da donne sono il 23,5%, si tratta del numero più alto in Regione dove, a parte Reggio Emilia, tutte le province superano il 20%. A elencare i numeri è la Camera di Commercio di Ferrara e Ravenna che conta, nel territorio di riferimento, 15.355 imprese, il 22,3%. In tre casi su quattro operano nel terziario, sono mediamente più piccole per dimensioni e più giovani
Marco Blanzieri della Fp Cgil ha sollevato il tema della parità di genere e delle retribuzioni dei professionisti nelle Aziende sanitarie ferraresi così la Direzione Aziendale ha deciso di cogliere l’occasione di dibattito e confronto lanciata dalla Cgil. Con questa, fanno sapere, sono condivise "appieno la necessità di una forte collaborazione e di un impegno generale, e a tutti i livelli, per una continua tensione verso l’allineamento delle opportunità tra donne e uomini"
Secondo i dati dell'osservatorio MutuiOnline.it i residenti in provincia chiedono mutui per un importo medio di 113.880 euro e lo fanno mediamente a 41,3 anni (l'età media più avanzata in regione). Gli immobili nella nostra provincia sono quelli da valore mediamente più basso (176.761€) insieme a Piacenza (176.439€)
Carife: tutto da rifare. Roberto Nicastro, direttore generale delle good banks nate dal decreto salva-banche, ha rimandato al mittente le due offerte vincolanti giunte dai fondi Apollo e Lone Star per il pacchetto delle quattro banche Carife, Carichieti, Etruria e Banca Marche. Secondo fonti del Sole 24 Ore, i due potenziali acquirenti hanno ricevuto una lettera che classifica le due offerte come irricevibili per questioni formali. La missiva indicherebbe infatti come motivo del rifiuto in particolare l’assenza di garanzie a copertura delle offerte, ma il sospetto generale è che, in realtà, la vera questione sia molto più pratica e veniale: l’entità dell’offerta. Che, come tristemente noto, si è fermata attorno al mezzo miliardo: circa un quarto di quanto Bankitalia valutava inizialmente le quattro banche (1,9 miliardi).
E secondo quanto risulta nelle ultime ore, l’importo delle proposte sarebbe addirittura inferiore rispetto a quanto trapelato nelle ultime settimane, limitandosi a una cifra tra i 300 e i 400 milioni di euro. Una quotazione talmente irrisoria da rappresentare, come scrivevamo qualche giorno fa, il fallimento di quella ‘soluzione di mercato’ su cui hanno puntato governo e Bankitalia. Ma responsabilità a parte, la domanda più urgente diventa un’altra: cosa succede adesso?
Succede che si rifà tutto, ma in una frazione del tempo. I termini per la vendita delle banche posti dalla Commissione Europea non sono infatti mutati: la cessione deve essere perfezionata entro fine settembre, termine ultimo per non far scattare le normative – con relative sanzioni – sugli aiuti di Stato alle banche (l’intervento del Fondo di Risoluzione è valutato come aiuto di Stato dalle norme europee, di conseguenza è stato concesso un lasso di tempo ridotto per le quattro ‘banche ponte’) . Bankitalia – e in particolare Nicastro – farà quindi partire una nuova procedura di vendita per le quattro banche, anche se con modalità leggermente differenti: non più una gara ‘a buste chiuse’ come avvenuto finora, ma una procedura negoziata competitiva che vedrà la partecipazione anche dei vari soggetti che nel corso dei mesi avevano mostrato interesse per l’operazione. In maggio, secondo Nicastro, si trattava di 23 soggetti, tra i quali potrebbero ora tornare in campo gruppi bancari come Ubi, Bnl-Bnp Paritas, Bper, Cariparma e Popolare di Bari. Il dato positivo è che il pacchetto delle quattro banche potrebbe così tornare appetibile per gli investitori (anche italiani e legati all’attività bancaria), ma la brutta notizia è che questo avviene solo dopo e in conseguenza di una macroscopica svalutazione del prodotto.
C’è poi l’ultima ipotesi, un possibile piano di emergenza nel caso anche questo tentativo di cessione non vada in porto: l’intervento dello schema volontario del Fondo Interbancario di Tutela Depositi. Che, del resto, dovrà intervenire in ogni caso per coprire la differenza tra il capitale incassato per l’acquisto (quindi circa mezzo miliardo basandoci sulle valutazioni di Apollo e Lone Star) e gli 1,9 miliardi sulle spalle del sistema bancario italiano per la ricapitalizzazione dello scorso novembre. L’incognita, in questo caso, è legata alla volontà delle banche ‘sane’: saranno disposte a esporsi ulteriormente per il salvataggio di Carife e degli altri istituti in difficoltà? Gli umori, sotto questo aspetto, pare siano molto variabili e non mancano le banche decise ad abbandonare una partita che sembra diventare sempre più complicata ogni giorno che passa. L’unica certezza è che il prossimo mese e mezzo sarà a dir poco decisivo per il futuro della banca ferrarese. E che, qualunque sarà l’esito di questa vicenda, creerà un precedente difficile da dimenticare per il sistema bancario italiano ed europeo.
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