Economia e Lavoro
4 Aprile 2016
Il giornalista del Sole 24 Ore non risparmia critiche a nessuno, nemmeno ai risparmitori 'azzerati' dal decreto

Carife, il realismo di Borzi scuote la platea

di Ruggero Veronese | 4 min

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6f612417-594d-4b3e-8244-75a6be114fce“Dirò cose che non vi faranno piacere”: è un esordio a dir poco coraggioso quello del giornalista del Sole 24 Ore Nicola Borzi di fronte alla platea del Teatro Comunale, dove i risparmiatori Carife che riempiono tutti i loggioni hanno appena applaudito gli interventi del sindaco Tiziano Tagliani, del presidente della Fondazione Carife Riccardo Maiarelli e della rappresentante dell’associazione ‘vittime del Salva-Banche’ Letizia Giorgiani. Tutti uniti da dure quanto esplicite critiche verso l’operato del governo e di Bankitalia (giudicati i veri responsabili dell’azzeramento del valore dei titoli della banca ferrarese.), oltre che dall’unanime richiesta di rimborsi da parte dello Stato o del sistema bancario.

E non è un caso infatti che Borzi, in quanto ad applausi ricevuti, si piazzi senza dubbio in coda alla classifica degli ospiti della giornata, seguito solo – ma nessuno avrebbe scommesso diversamente – dal viceministro all’economia Enrico Morando. In ogni caso il giornalista economico non pare essere venuto a Ferrara per raccogliere applausi e nel giro di mezzora presenta un’analisi in cui ricostruisce le diverse responsabilità di risparmiatori, politici, banche e istituzioni europee. E l’esordio, considerata la platea, è uno choc: Borzi nega infatti la possibilità di un intervento del Fondo Interbancario di Tutela Depositi (da sempre sostenuto da Fondazione Carife), smentisce la tesi secondo cui il governo avrebbe partorito frettolosamente il decreto Salva-Banche e invita alla lucidità (ad esempio non mettendo sullo stesso piano azioni e obbligazioni) i risparmiatori. Per poi passare alle critiche al mondo della politica mostrando i reali rischi a cui potrebbe andare incontro il sistema creditizio italiano a causa del del decreto Salva-Banche, al di là della situazione dei quattro territori colpiti dal decreto Salva-Banche.

Borzi smentisce subito l’ipotesi secondo cui l’Italia avrebbe rinunciato a usare aiuti di Stato (come fatto da Germania, Inghilterra, Francia e altre nazioni europee prima del 2010): “L’Italia – afferma il giornalista economico – non è intervenuta perchè non c’erano i soldi: il debito pubblico italiano era fuori dai limiti e governi che si sono succeduti in quegli anni non avevano abbastanza soldi per mettere in sicurezza la banche italiane”. E dopo che gli aiuti di stato furono vietati anche il piano di salvataggio attraverso il Fondo Interbancario di Tutela Depositi diventò impossibile: “Il fondo è uno strumento obbligatorio, quindi essendo obbligatorio è equiparato ad aiuto di stato”.

La Commissione Europea cominciò a discutere di Bail-In nel 2012: “Dopo aver tirato fuori miliardi di euro dai contribuenti, i governi capirono che non avevano più soldi per finanziare i salvataggi e dovevano trovare un nuovo modo, ovvero facendoli pagare a chi era già dentro le banche in questione”. Ovvero, come noto, azionisti e obbligazionisti. “Carife – continua Borzi – in quel momento era già in crisi: i buchi non sono stati creati dai commissari di Bankitalia, ma da erogazioni di credito sbagliate negli anni in cui non era commissariata”. Da qui secondo Borzi l’impossibilità di soddisfare (contrariamente a quanto potrebbe avvenire per gli obbligazionisti) le richieste di rimborso degli azionisti: “La gestione di una banca prevede che vengano convocati in assemblea, che vengano loro proposti i bilanci e che su questi si esprimano. Quindi, signori azionisti che siete qui presenti, tutte le volte che avete ricevuto un invito per l’assemblea ma che avete scelto di non andarci e concedere delega, avete consentito tutto questo”.

Quali sono allora le colpe del governo? Ciò che pare essere sfuggito a molti, secondo Borzi, sono le conseguenze del decreto Salva-Banche sull’intero sistema creditizio: “Durante la stesura del decreto – afferma il giornalista – qualche ‘manina’ ha inserito una regola secondo cui, quando viene decisa la risoluzione di una banca, il governo o Bankitalia possono tenerla segreta per evitare di scatenare il panico nei mercati”. Questo implica che, dopo il 12 novembre scorso, chiunque avrebbe potuto comprare titoli di una delle quattro banche colpite dal decreto senza avere informazioni sul reale stato della banca. “In pratica – afferma Borzi – i risparmiatori non hanno più la certezza di cosa stanno sottoscrivendo: questo causerà infiniti guai giudiziari nel futuro”. E a questo si aggiunge la bassissima valutazione data ai crediti in sofferenza: attorno al 15%. “Un autogol clamoroso per l’intero sistema”, commenta Borzi comparando il dato con quello dei crediti in sofferenza delle banche americane, che hanno percentuali di recupero attorno al 41%. “Non è possibile – afferma Borzi – che il sistema commetta una simile ingenuità: se i crediti in sofferenza vengono acquistati da banche in grado di recuperarne il 40% invece del 15%, quella differenza vale miliardi. Miliardi che potranno essere utilizzati per acquistare le banche italiane”.

La morale, per Borzi, è una: “Occorre più trasparenza”. Sia a beneficio dell’intero sistema bancario italiano (con l’apertura dei consigli di amministrazione a risparmiatori e stakeholders), sia per quanto riguarda il singolo risparmiatore, che il giornalista invita comunque a maggiore attenzione: “Ci sono persone che ci mettono settimane a scegliere il telefonino – osserva Borzi -, poi vanno in banca e in cinque minuti mettono i risparmi di una vita nelle mani di uno sportellista che ne sa poco più di lui. Dovete pretendere più informazione e trasparenza nel sistema economico e creditizio”.

 

 

 

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