“Gh’àt, o dàm, mill fràηch?” .(Hai o dammi , mille lire.) Un petulante individuo che alcuni anni or sono, all’epoca della lira ci tampinava, lo si trovava ovunque, con tale insistente richiesta. Mi chiedeva notizie un amico non ferrarese, “perché fraηch”? e non “lir”? Semplice, il Dialetto Ferrarese non contempla la parola lira.
Franch, bajòch, scùd,sòld,quatrìη! Oltre al succitato: Diéś, zént, mill, dieśmila, milióη ad fràηch e così via per tradurre lire in fraηch. Si diceva anche :-Gh’àt di bajòch? Per chiedere s’avevamo disponibilità economiche in liquido. Si diceva pure : bajòca, in gergo familiare. Erano così chiamate, le monete grandi dell’epoca di Umberto I° e Vittorio Emanuele II. Altra curiosità. Le cinquecento lire erano dette:“zént scùd”. Ricordando probabilmente le 5 lire d’argento d’anteguerra, con l’aquila. banconota o moneta da cinquecento lire per l’appunto “zént scùd” , quella d’argento, “scudón d’arzént”.
Si diceva anche , per chiedere la disponibilità di liquido: “ gh’àt di sòldi”? Bajòch, baiocco: moneta dello Stato Pontificio di scarso valore . Un decimo del paolo e un centesimo dello scudo romano; valeva cinque quattrini . Pàul (Paolo,): Moneta dell’epoca papalina decima parte dello scudo, e decuplo del baiocco (ciapàr i so’ sèt pàul) prendersi un bel po’ di botte, esser ripagato a dovere. Altre voci gergali per indicare liquido senza nominare mai la lira: “Ghàt? o a gh’ò” dì bèzi. (Hai oppure ho dei “bèzi”.) “Avér dlà bajucàra”. (Avere possibilità finanziarie:”bajucàra”). Bajuchìη,fraηchìη munéda, quatrìη.(Spiccioli. ) Svànzich, “marinàj iη coperta”- ( i “marinaj” era il liquido, in banconote, che chiedevano i giocatori d’azzardo per coprire il banco.).
Oggi l’euro al plurale, diversamente dall’italiano, in ferrarese è detto: euri! Tutto sommato un neologismo dialettale stante l’epoca recente del corso di tale ,(discussa,)moneta. Tempi antichi, passati, di quattrini se ne parlava, ma il popolo non ne aveva tanti. Le banche non ebbero la possibilità di “far investire” i risparmi della gente: da quel punto di vista la miseria era una cosa positiva! Il popolo i pochi risparmi li teneva sotto il materasso…ché ignoranza…che diffidenza, pensate : non si fidavano delle banche! Nelle botteghe,(allora non c’erano supermercati,) le “arzdóre”,(massaie reggitrici,) facevano “segnare” sul libretto dei debiti e, alla fine del mese, dopo aver incassato la busta paga del marito, andavano a saldare, a volte solo parzialmente, i debiti dai “butgàr”. Magari canticchiando e nominando,(allora sì,) la lira in italiano la famosa canzone:“Se potessi avere mille lire al mese”. Poi svalutata selvaggiamente, riducendo tanti risparmiatori sul lastrico! Veeeh mo…ciò mi ricorda …qualcosa; a voi? Maurizio Musacchi