Cronaca
17 Marzo 2015
L'uomo respinge le accuse e racconta le difficoltà nel vedere o sentire la piccola figlia a causa della donna

La ex lo accusa di stalking, lui nega tutto

di Daniele Oppo | 3 min

trib2Un ammonimento del questore, anche 50 telefonate in un giorno, oltre 90 in una settimana, alcune minatorie, trasferimenti da San Martino a Gaibana e poi a Copparo solo per perseguitarla dopo la separazione. Sono i fatti e le accuse di cui deve rispondere F.R., siciliano di 34 anni, a processo per stalking nei confronti della ex moglie (costituitasi parte civile), che ieri ha reso l’esame davanti al giudice Debora Landolfi.

Tutte accuse che lui respinge in toto raccontando la sua versione dei fatti: una ex moglie che decide di negargli o rendergli più difficile vedere la loro piccola figlia o anche solo sentirla per telefono una volta al giorno così come era stato accordato nella separazione consensuale. Una ex moglie che gli strappa la bambina dalle braccia quando la incontra, e che mette in atto ripicche nei suoi confronti.

Nessuna telefonata o sms minatori, negate anche le decine di chiamate in un giorno o in brevi periodi di tempo, semmai le chiamate andavano a vuoto con la sua ex che non rispondeva o che metteva bruscamente giù appena un attimo dopo che la bambina aveva risposto.

Anche i trasferimenti negli stessi luoghi in cui andava ad abitare la sua ex moglie trovano una spiegazione: fatti per poter vedere la figlia, consentendo a sua madre, arrivata a Copparo apposta da Palermo, di poter andare a prendere la piccola senza dover usare l’automobile dato che non si fidava di mettersi al volante con la nebbia e in strade in cui non sentiva a proprio agio. L’uomo – che dopo aver perso il lavoro da cameriere ha deciso dopo un po’ di trasferirsi a Palermo – ha anche aggiunto più volte di avere sempre avuto difficoltà nel vedere la figlia anche nel giorno concordato ogni settimana o nei week end alternati, come era stato deciso nella separazione.

Una versione dei fatti almeno parzialmente confermata da una sentenza del tribunale di Ferrara – prodotta in giudizio dall’avvocato difensore Francesca Bozzi – che condannava la donna al pagamento di 15 euro ogni qualvolta avesse impedito al padre di sentire la figlia per telefono, da denunce ai carabinieri e da decine di lettere mandate dall’avvocato di lui al legale di lei in cui si chiedeva il rispetto degli accordi e maggiore coinvolgimento nelle decisioni riguardanti la bambina.

Come quella di mandarla all’asilo nido o di cambiare la pediatra, tutte scoperte dopo essere state prese dalla madre in un rapporto di fiducia ormai crollato, tanto che l’uomo ha iniziato a temere anche per la stabilità della figlia che – a sua detta – ormai chiamava papà il nuovo compagno della sua ex moglie e nonni i suoi genitori.

Per conoscere quale sia la verità giudiziaria si dovrà aspettare però la fine di marzo, quando ci sarà il dibattimento e il giudice emetterà la sentenza.

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