Renzo Ricci Maccarini
Il crac Coopcostruttori non sarebbe mai avvenuto in un paese in cui le imprese hanno la certezza di poter incassare i propri crediti e dei relativi tempi per farlo. Questa – in estrema sintesi – la tesi sostenuta nell’arringa del processo d’appello Coopcostruttori dall’avvocato Lorenzo Valgimigli, difensore dell’ex vicepresidente Renzo Ricci Maccarini condannato in primo grado a quattro anni e mezzo di reclusione.
Una conclusione, quella di Valgimigli, che giunge al termine di una lunga arringa di oltre cinque ore, durante la quale l’avvocato ha spiegato ai giudici le proprie ragioni sulle (ancora presunte) irregolarità di bilancio che portarono all’improvviso tracollo del colosso dell’edilizia argentano. Il punto sostanziale, secondo il legale, sta nel fatto che i bilanci presentati dal cda guidato da Giovanni Donigaglia e approvati dall’assemblea dei soci presentavano diverse voci in entrata contestate dalla procura, ma che secondo la difesa non presenterebbero vere irregolarità. Come quelle relative alle riserve tecniche, ovvero quelle “maggiorazioni dei prezzi imputabili al committente” che sorgono in corso d’opera per via di imprevisti e lavori aggiuntivi, che le aziende puntano a trasformare in liquidità in ingresso attraverso contenziosi civili.
In questo caso il codice in vigore permetteva di inserire nei bilanci anche una voce relativa alle riserve, o almeno a quelle recuperabili con un grado di “ragionevole certezza”: una definizione interpretabile e su cui si è giocata e si gioca tuttora una parte rilevante di processo. Infatti fu attraverso i bilanci e la documentazione prodotta grazie alle riserve tecniche che la Coopcostruttori poté mostrarsi abbastanza solida economicamente da chiedere e ottenere finanziamenti bancari. Fino al momento in cui gli istituti di credito, dopo aver richiesto il rientro dei prestiti, avviarono le azioni esecutive nei confronti della cooperativa, facendo così crollare i suoi delicati equilibri finanziari.
La tesi di Valgimigli è che il crac di Coopcostruttori non si sarebbe mai verificato se i tempi dei contenziosi con imprese pubbliche e private non avessero privato la cooperativa di quella liquidità attesa e iscritta a bilancio con formula di “ragionevole certezza”. Ma durante l’arringa l’avvocato ha respinta anche l’ipotesi di dolo nei reati di bancarotta fraudolenta, dal momento che la procura non contesta né a Ricci Maccarini né Donigaglia un arricchimento personale mediante la sottrazione dei beni della cooperativa. Elemento secondo Valgimigli indispensabile per riconoscere il dolo in un caso di bancarotta (un esempio in questo caso è il caso Parmalat). Il processo continuerà nelle prossime settimane con le arringhe delle altre difese, tra cui quella dell’ex presidente Donigaglia, dopo le quali sarà il momento di una sentenza da cui dipendono anche i patrimoni personali e le prospettive di centinaia di ex soci ferraresi, che videro scomparire i propri risparmi nel ‘buco’ da oltre un miliardo di euro della grande coop argentana.