Portomaggiore
29 Gennaio 2015
Al fianco della procura anche Comune e Provincia: "Le condotte dei singoli sono i diversi aspetti della violazione"

Palestra Portomaggiore, chiesto un anno e mezzo per il crollo

di Ruggero Veronese | 3 min

palestra-portomaggiorePortomaggiore. Un anno e sei mesi di reclusione per il crollo del tetto della palestra di Portomaggiore, collassato sotto il peso di una forte nevicata che il 10 marzo si abbatté sulla provincia estense. È questa la pena richiesta dal pm Patrizia Castaldini verso i costruttori e i tecnici che si occuparono dell’esecuzione dell’opera, in un processo che vede anche il Comune di Portomaggiore e la Provincia di Ferrara in veste di parti civili per ottenere il risarcimento per i disagi seguiti al crollo e per la costruzione di una nuova struttura.

Si avvicina quindi sempre più il momento della sentenza per le sei persone rinviate a giudizio dal tribunale di Ferrara: Gianni Donato, presidente del cda della Cooperativa Edile di Berra,  il presidente della Ceb Pietro Giori, l’amministratore di Sole Engineering Stefano Tommasi, l’ingegnere comunale Luisa Cesari (direttrice dei lavori), l’ingegnere Giuliano Mezzadri (che eseguì il collaudo della struttura) e Giovanni e Pasquale Canalicchio, dell’omonima azienda di Terni che realizzò i materiali per la copertura. Per tutti, ad eccezione di Giori e Donato per i quali è stata chiesta l’assoluzione, la requisitoria della Castaldini ha puntato sulla stessa richiesta di condanna, seguita poco dopo dalle arringhe degli avvocati Dario Micheletti e Riccardo Venturi, che per conto del Comune di Portomaggiore e della Provincia hanno chiesto rispettivamente 500mila e 150mila euro di provvisionale immediatamente esecutiva oltre ai danni da quantificare in sede civile.

Durante le arringhe, i legali degli enti pubblici hanno puntato soprattutto sulle varie “responsabilità parziali” dei vari imputati. Che, pur non potendo causare singolarmente il crollo del tetto, lo hanno reso possibile o ne hanno comunque aumentato le probabilità oltre a quelli che dovevano essere le soglie della prudenza. L’udienza si era infatti aperta con l’esame dell’ultimo consulente tecnico, l’ingegnere Grandis per conto della difesa Mezzadri, secondo il quale anche se il materiale utilizzato per la costruzione era diverso da quello inizialmente previsto, questo dettaglio non avrebbe di per sé potuto causare il collasso. Il ragionamento di Micheletti, che cita in più passaggi le sentenze della Corte Costituzionale, viaggia però su un altro binario. “Noi dobbiamo interpretare la condotta come un ‘unicum’ – sono le parole del legale -, e le condotte dei singoli come i diversi aspetti di una condotta violata: il non raggiungimento di quel parametro di sicurezza”.

Parole alle quali si è associato Venturi, per poi riassumere la stima degli oneri sostenuti dal pubblico a causa del crollo del tetto dell’edificio. Edificio di proprietà della Provincia, ma sottoposto a diverse convenzioni con il Comune di Portomaggiore (che lo utilizzava come palasport), e ricostruito al costo di circa un milione di euro suddiviso al 50% tra i due enti locali. Durante le prossime udienze, previste per il 3 e 10 febbraio, gli avvocati degli imputati prenderanno parola per argomentare le proprie linee difensive e il giudice Attinà potrà pronunciare l’attesa sentenza.

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