Cronaca
23 Dicembre 2014
I militanti guidati da Manni puntavano a presentarsi alle elezioni dopo aver destabilizzato il Paese con omicidi e attentanti

Smantellato gruppo neofascista, una ferrarese nell’inchiesta

di Ruggero Veronese | 3 min

carabinieriUna strategia divisa in due fasi: colpire edifici pubblici e governativi attraverso attentati terroristici per poi candidarsi in politica con un nuovo partito e la promessa di spazzare via il caos che avrebbe sconvolto l’Italia. Un partito forte e decisionista. Quasi un partito fascista. Sono 14 le persone arrestate questa mattina dai Ros dei carabinieri de L’Aquila con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al terrorismo e discriminazione, incitamento e violenza per motivi etnici, razziali e religiosi, mentre tra i 31 indagati spunta fuori anche una 35enne di Codigoro. Un’operazione che negli ultimi mesi ha impegnato gli inquirenti della procura abruzzese in un lungo lavoro di indagine, in cui intercettazioni telefoniche e agenti infiltrati hanno permesso di far venire a galla l’inquietante verità. Quella cioè di una nuova organizzazione terroristica clandestina che, sulle orme del movimento Ordine Nuovo sciolto negli anni ’70, puntava a destabilizzare e prendere il controllo del paese attraverso tritolo e kalashnikov.

Una linea già perseguita dal ‘vecchio’ Ordine Nuovo, movimento nato nel 1956 ma troppo ‘estremo’ anche per il suo stesso fondatore Pino Rauti, che nel 1969 decise di ritornare nell’Msi dopo la trasformazione della sua creatura da ‘centro studi’ a ‘movimento politico’. Una trasformazione dietro alla quale c’era il progetto politico e terroristico ben definito – propugnato dal segretario nazionale Clemente Graziani – di rifondare il Partito Fascista dopo aver creato un clima di tensione e instabilità nel Paese, attraverso atti violenti e clamorosi come le stragi di Piazza Fontana (che la Cassazione nel 2005 attribuì a “un gruppo eversivo costituito a Padova nell’alveo di Ordine Nuovo) e di Piazza Della Loggia.

Del tutto simile il ‘piano’ messo in atto negli ultimi mesi dai militanti della “Avanguardia Ordinovista” smantellata in mattinata dai carabinieri. Capo dell’organizzazione era Stefano Manni, 48 anni di Ascoli Piceno, parente di Gianni Nardi, terrorista ‘nero’ degli anni ’70 e tra i maggiori esponenti di Ordine Nuovo. E se a Manni spettava il compito di organizzare la struttura dell’organizzazione e reperire fondi, non poteva mancare anche ‘l’ideologo’ del gruppo: Rutilio Sermonti, già affiliato al movimento degli anni ’70 e noto per le sue pubblicazioni politiche di chiare tendenze di estrema destra, come quello “Statuto della Repubblica dell’Italia Unita” che secondo gli inquirenti rappresentava una sorta di ‘bozza costituzionale’ per il nuovo modello di nazione da imporre all’Italia. Assieme a loro altri 12 arrestati, mentre altre 31 persone sono attualmente indagate per i loro rapporti con l’Avanguardia Ordinovista. Tra queste anche una donna ferrarese, Serena Vecchiattini, 35 anni, nata a Codigoro ma residente in Germania. Non si hanno ancora informazioni sul ruolo della 35enne all’interno dell’organizzazione, anche se per intuire le sue simpatie politiche è sufficiente un’occhiata al suo profilo Facebook, dove accanto alle iscrizioni a gruppi di cucina, appassionati di motori e di scambi di oggetti compare anche la pagina “Camerati nel mondo”, che nella propria descrizione recita: “Gruppo di Simpatizzanti Idealisti e Adepti alla cultura e insegnamento Fascista e Sociale Nazionale”.

Tra gli aspetti più preoccupanti fatti emergere dagli inquirenti vi è proprio il progetto di scendere in politica con un nuovo partito, nello scenario di un’Italia terrorizzata dagli attentati che sarebbero stati in corso nella penisola. Manni e soci infatti puntavano a colpire edifici pubblici in pieno giorno, facendo strage di civili e dipendenti pur di portare a termine il piano. “È giunto il momento di colpire, ma non alla cieca”, afferma il capo dell’organizzazione in una telefonata intercettata. “Vanno colpite banche, prefetture, questure, uffici di Equitalia, con i dipendenti dentro. È arrivato il momento di farlo, ma non contestualmente. Non a Pescara e poi fra otto mesi a Milano”. L’obiettivo insomma era quello di creare un clima da guerra civile. Un clima adatto a chiedere la fiducia all’Italia e a riportare la pace in una società ormai disposta a tutto pur di cambiare volto al paese. Anche a ingannare se stessa.

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