Indiscusso
7 Ottobre 2014

L’ambientalismo non è più di moda?

di Marzia Marchi | 4 min

Attonita, come gran parte della sala che ascoltava, ho dovuto sentire, domenica mattina nell’ambito del Festival di Internazionale, il segretario nazionale della Filtcem, Emilio Miceli, dichiarare testualmente che “nel nostro Paese abbiamo il peggior mix energetico d’Europa”. E fin qui… Poi però la spiegazione: perché abbiamo soltanto il 14% di energia proveniente dal carbone, mentre i tedeschi – “che sono più furbi di noi” – hanno invece il 46%, il che li fa essere più competitivi nell’attrarre gli investimenti delle multinazionali.

Multinazionali, territorio e lavoro: servono nuove regole? Questo era il tema dell’incontro cui doveva partecipare anche Maurizio Landini, che invece è stato sostituito da Bruno Papignani. Organizzato dalla CGIL, con raggruppato lo stato maggiore del sindacato a livello locale ma anche i vertici Pd, in tutta la mattinata la parola territorio è stata declinata puramente in senso geografico, come ha sottolineato l’assessore regionale alla formazione Patrizio Bianchi, rivendicando l’importanza dell’azione di governo dell’Emilia-Romagna nel fornire qualità delle persone, innovazione e organizzazione al fine di attrarre le preziose multinazionali, che già numerose a sentir l’elenco, si dipanano all’interno dei confini regionali.

Ora in un territorio che si profila solo sotto l’aspetto geo-economico, a nessuno, dico nessuno, è venuto in mente che questo territorio è fatto di elementi naturali e antropici che hanno una sempre più complessa interrelazione. Il nostro petrolchimico – di cui Bianchi ha rivendicato con orgoglio la sconfitta dei tentativi di farlo chiudere – non è stato preso minimamente in considerazione sotto il profilo dell’impatto ambientale che ha sulla città e sui suoi abitanti. Lì dentro “stiamo ( stiamo??) inventando una chimica che non distrugge”. Dettagli non è dato saperne, certo è che vi si è installata una centrale turbogas da 800 megawatt che ha solo peggiorato il costo energetico delle imprese ma, pur lavorando a ritmo ridotto, contribuisce però ad aumentare il particolato fine che rende l’aria di Ferrara una delle più irrespirabili della pianura padana.

Tutto l’incontro è stato teso a evidenziare la necessità di trovare, insomma, nuove regole per attrarre le multinazionali o far restare quelle che già vi operano. L’ineffabile Miceli ha addirittura usato il termine “rassicurare”. Vien da dire fosse per lui la turbogas la convertirebbe a carbone!

Papignani parlando di innovazione – a onor del vero – ha citato ancora i tedeschi che progettano costruzioni di auto elettriche e uso dell’energia eolica in una riconversione dell’industria del freddo a Brema, ma allo stesso tempo salutava con favore l’arrivo di Philipp Morris a Bologna.

Al di là del fatto che affidare la nostra politica industriale all’”avvenenza” economica del nostro territorio significa di fatto abdicare alla possibilità di costruire un progetto di politica industriale ambientalmente e socialmente sostenibile, vien da pensare che il sindacato, comprensibilmente (e dal mio punto di vista anche giustamente) preoccupato dalla salvaguardia dei posti di lavoro e dei diritti dei lavoratori, non sappia fare il salto culturale di coniugare questa esigenza con quella IMPRESCINDIBILE di tutelare il territorio dal punto di vista ambientale. Il che si tradurrebbe anche in investimenti produttivi, basti pensare allo sviluppo delle tecnologie sulle rinnovabili ( che importiamo dall’estero) e agli interventi contro il dissesto idrogeologico.

Un Paese che produce lavoro è prima di tutto un paese sano dal punto di vista del suo paesaggio naturale, delle sue emissioni, nella gestione dell’intero ciclo di vita di un prodotto, nella gestione della mobilità e di suoi servizi orientati alla riduzione dell’impatto ambientale. Altrimenti – come ha concluso Il prof. Lassandari dell’Università di Bologna, restiamo “preda dello shopping delle imprese multinazionali” che scelgono inevitabilmente i paesi a tutele minori, anche dal punto di vista delle normative ambientali e di conseguenza della sicurezza e della salubrità dei lavoratori e degli abitanti.

Occorrono dunque nuove regole? Sì, ha affermato con determinazione il professore ma devono agire a tanti livelli, da quello locale a quello globale perché ormai è a quel livello che va contrastato il potere delle lobby che condizionano il nostro territorio. Ha più visibilità Greenpeace ( vedi recente battaglia sulla salvaguardia dell’Artico che si sta sciogliendo) che non una struttura radicata come il sindacato.

Per inciso, la centrale di Porto Tolle non sarà convertita a carbone e Greenpeace, vittoriosa, prosegue la sua battaglia contro il carbone e tutte le energie fossili, il cui uso indiscriminato ha tolto il sole dalla piazza di Pechino!

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