Eventi e cultura
22 Settembre 2014
In mostra la vera storia del declino della ‘piccola Manhattan’ ferrarese

In mostra la ‘ricchezza umana’ del Grattacielo

di Elisa Fornasini | 4 min

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Al Centro Teatro Universitario arrivano dli Instabili Vaganti con un workshop e uno spettacolo a cura di Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola il 10 e 11 maggio. I due momenti, progettati dal CTU, si inseriscono nell’ambito del Progetto del Dipartimento di Studi Umanistici “Gli studi per la pace nel territorio di Ferrara”

“Voi da Ferrara non vedete neanche il Grattacielo”. È in questa semplice ma significativa citazione di Josh, nigeriano residente al 13esimo piano di una delle due torri, che è racchiuso il senso della mostra fotografica “Casa a Torre: il Grattacielo di Ferrara” inaugurata venerdì sera alla Galleria del Carbone. Un’esposizione per far aprire gli occhi a questa cittadina silenziosa e sonnacchiosa, e questi occhi pigri e stropicciati dal sonno farli guardare all’orizzonte del Grattacielo. Anzi, dentro il Grattacielo. Sì perché il reportage fotografico realizzato dal fotografo Mattia Borghi e dal giornalista Ruggero Veronese mostra la vita, i legami, i disagi e le speranze dei residenti delle due torri. Sia di quelli che non pensano proprio ad andarsene (“ho fatto per 30 anni l’erborista quaggiù al piano terra, ora ne ho 90 e non ci penso proprio a trasferirmi, perché dovrei andare via?”), sia di quelli che vorrebbero traslocare ma non possono: magari hanno ancora un mutuo da pagare e vendere sarebbe un’ecatombe da 14mila euro. Questo è infatti il valore di mercato medio degli appartamenti.

Abitanti di 29 nazionalità differenti, una piccola melting pot in verticale spalmata in 20 piani su 75 metri di altezza, con pensieri diversi e una paura comune. “Il vero pericolo che temono è solo di essere dimenticati dal resto della città – affermano i due reporter ferraresi. – Lassù, in quei due palazzoni di cemento armato, c’è un intero mondo che chiede il permesso per entrare in contatto con noi. Sono quelle decine di famiglie che pagano con la propria pelle la presenza di spacciatori e prostitute in alcuni appartamenti del Grattacielo. Il punto è sapere contro chi puntare il dito, senza distribuire colpe e condanne in egual misura tra 210 appartamenti, solo perché non abbiamo voglia di capire”. E proprio per cercare di capire è stata allestita questa mostra, inserita nel circuito Off del Festival di Internazionale, che è stata inaugurata alla presenza dell’assessore comunale ai Servizi alla persona Chiara Sapigni e del segretario generale della Cgil Raffaele Atti come main sponsor.

“Siamo orgogliosi di aver patrocinato questa mostra – annuncia Atti – perché è un progetto utile per la città e per i nostri scopi di promozione della solidarietà. È anche una sollecitazione ad affrontare i problemi in grado di migliorare la convivenza tra le diversità, in una situazione generale in cui la diversità fa paura. La forza espressiva della mostra sta proprio in questo: nella capacità di far vedere la ricchezza umana che c’è dentro il Grattacielo, e questa ricchezza di diversità non ci deve spaventare ma è anzi una risorsa”. Atteso l’intervento della Sapigni, chiamata in causa come rappresentante del’amministrazione comunale per accogliere tutti i suggerimenti offerti dall’esposizione. L’assessore, dopo aver fatto i complimenti ai due giovani reporter perché “hanno dato il loro personale contributo a una causa complessa”, assicura che “abbiamo cercato di essere vicini al Grattacielo inserendo un centro di mediazione e non un presidio delle forze dell’ordine. Non ho ancora letto i consigli, ma vogliamo continuare la politica di aiutare le relazioni, cogliere gli spazi che ci sono per comunicare e puntare sempre sul dialogo reciproco”.

La mostra ripercorre la storia del Grattacielo: dal progetto dell’architetto Gian Carlo Capra alla costruzione a cura della ditta di Armando Anzenpamber, dall’inaugurazione delle due torri azzurre nel 1960 alla corsa della classe media per accaparrarsi un piccolo pezzo di cielo, dall’abbandono dei colletti bianchi negli anni ’80 per emigrare nelle villette alla ricerca di nuovi inquilini senza fare troppe domande, dalla caduta dei bilanci del condominio a causa delle morosità nelle bollette all’attuale debito che si aggira intorno ai 700mila euro, dall’aumento dei disservizi allo stacco del riscaldamento a cause delle insolvenze, dalla scoperta del deposito di amianto nel vano caldaia allo stop dei lavori per il riscaldamento. In una situazione di questo tipo, capire come si innesca una spirale di degrado non è certo semplice. “Senza troppe ipocrisie, di appartamenti sospetti ce ne sono – rispondono i due giovani reporter – ma basta usare come capro espiatorio lo straniero. In questa mostra abbiamo cercato di denunciare i problemi reali del Grattacielo senza fare sconti alla situazioni di vero degrado, ma cercando di abbattere molte delle paure infondate che condannano centinaia di famiglie a una situazione sempre più difficile”.

E le soluzioni? “Non sta certo a noi proporle – specificano i reporter – ma crediamo che avere un presidio di polizia permanente alla base del Grattacielo risolverebbe il problema della sicurezza alla radice, accompagnato da un grande e serio progetto di riqualificazione e valorizzazione degli spazi”. Intanto è possibile scoprire il grattacielo senza pregiudizi con la mostra realizzata grazie al patrocinio della Spi-Cgil di Ferrara e con il contributo de “I Due Gobbi” osteria e beershop, che ospiterà nei propri locali (in via Adelardi e via Baluardi) parte del materiale realizzato durante il reportage. Fino al 5 ottobre la mostra sarà aperta dalle 17 alle 20 (sabato e domenica anche dalle 11 alle 12.30), mentre il 4 ottobre alle 20 il pubblico potrà assistere alla performance live di Dagger Moth, il progetto musicale della chitarrista e cantante Sara Ardizzoni.

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