Cronaca
24 Luglio 2014
Per i legali le prove portate dalla procura non abstano per dimostrare la dinamica dell'incidente di Anacleto beneventi

Morte in India, gli avvocati puntano all’assoluzione

di Ruggero Veronese | 3 min

tribunale“In questo processo permangono macroscopiche lacune nella fase istruttoria”. Puntano con decisione a una completa assoluzione gli avvocati di Gabriele Orioli, Paolo Clerici e Guglielmo Bedeschi, i rappresentanti legali delle aziende coinvolte nel processo sulla morte dell’elettricista comacchiese Anacleto Beneventi. Durante l’udienza della settimana scorsa il pm Alberto Savino e l’avvocato di parte civile Marco Linguerri non avevano avuto dubbi nel delineare quelle che a loro avviso erano le responsabilità in capo ai tre imputati, che avrebbero gestito un cantiere navale in cui mancavano sia le misure di sicurezza sia la preparazione specifica per i vari tecnici e operai che vi lavoravano. Ma la loro tesi ha trovato ieri la ferma opposizione degli avvocati difensori, che hanno tutti puntato su un argomento fondamentale: la procura – a loro avviso – non avrebbe mai veramente adempiuto all’onere probatorio. E rimarrebbe quindi sconosciuta la dinamica dell’incidente che provocò la morte di Beneventi.

Il tecnico comacchiese nell’aprile del 2008 si trova al lavoro in un cantiere navale in India, dove la società Coe Clerici di Milano ha in appalto la costruzione di una nave cargo. Il progetto era stato subappaltato alla ditta Bedeschi, che aveva a sua volta contattato la Bs Impianti di Ravenna, in cui era assunto Beneventi, per i lavori sui collegamenti elettrici. Il tecnico comacchiese si mette all’opera insieme ai colleghi italiani sulla nave ancorata al largo della costa indiana, ormai strutturalmente completa ma ancora da rifinire negli interni e negli impianti. Il giorno dell’incidente l’elettricista comacchiese scivola mentre attraversa un passaggio innalzato sul ponte e cade nel vuoto per circa 25 metri. L’impatto con la nave è tremendo e sul posto non è presente personale medico. La barca dei soccorsi parte dalle costa per raggiungere il cantiere, ma il tempo scorre veloce e Beneventi, già in condizioni disperate dopo l’impatto, morirà prima di raggiungere l’ospedale.

Il problema fondamentale da chiarire sta nella ricostruzione della dinamica dell’incidente, visto che al momento dell’incidente non erano presenti testimoni oculari. Di certo, secondo i consulenti di tutte le parti in causa, Beneventi è caduto da un’altezza di circa 10-12 metri e aveva con sé i propri attrezzi e alcuni cavi elettrici, precipitati sul ponte assieme a lui. Di fronte a questi elementi, la procura ha eliminato tutte le varie ipotesi confutabili arrivando a una tesi: l’elettricista non poteva che essere scivolato da una scala a pioli sovrastante, sprovvista di gabbia anti caduta, che conduce al montacarichi dell’imbarcazione. Un incidente avvenuto perchè Beneventi, sprovvisto di un imbragatura a doppio moschettone, stava percorrendo la scala reggendo in una mano i propri attrezzi fino a quando non ha perso la presa cadendo all’indietro nel vuoto.

Una ricostruzione che secondo le difese lascia parecchi punti interrogativi e non riesce a provare le responsabilità legali dei tre imprenditori, per i quali la procura ha chiesto condanne dai sei mesi a un anno per omicidio colposo a causa delle misure di sicurezza ritenute insufficienti. “Non c’è bisogno che dica a chi spetterebbe l’onere probatorio”, afferma sicuro l’avvocato Gianluca Alni, difensore di Orioli, per poi sferrare un lungo attacco al lavoro degli inquirenti: “Questo intero processo contiene un vizio d’origine, perchè inizialmente la procura di Ravenna si è limitata a un’indagine basata su pochissimi atti. Non potevano fare altro che iscrivere nel registro degli indagati i datori di lavoro di Beneventi”. Secondo il legale, “l’esito della consulenza della procura non ha fornito risposte sulla dinamica dell’incidente, che viene liquidata in quattro righe e poi tutto il resto si concentra sulla regolarità o meno di una scala a pioli”. Una consulenza che quindi, secondo le difese, si sviluppa da un assunto errato: quello sul luogo di origine della caduta di Beneventi, che a loro avviso rimane indimostrabile. Durante la prossima udienza, attesa alla fine di settembre, il tribunale si pronuncerà sull’atteso verdetto.

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