Economia e Lavoro
23 Luglio 2014
Dopo la nomina di Marcegaglia e Descalzi, in forse gli investimenti a Marghera. A Ferrara rischiano Basell e Versalis

Eni si rimangia gli accordi. Sindacati: “Dichiarazioni scellerate”

di Ruggero Veronese | 3 min

petroContinua il braccio di ferro tra Eni e sindacati, dopo gli allarmanti annunci e i dubbi del colosso industriale italiano sugli investimenti nel settore petrolchimico. Le organizzazioni Cgil-Filctem, Cisl-Femca e Uil-Uiltec accusano infatti la società di volersi rimangiare gli impegni assunti da tempo – per la precisione dallo scorso febbraio – sul futuro degli stabilimenti di Gela e Porto Marghera, con pesanti ricadute per tutta la chimica italiana. I sindacati hanno indetto uno sciopero nazionale per martedì 29 luglio, con manifestazione unitaria a Roma, mentre giovedì 24 nel petrolchimico di Ferrara si svolgerà un’assemblea generale con il segretario nazionale Femca, Sergio Gigli, per pianificare le prossime mosse e per chiedere al governo di prendere una posizione netta sulla vicenda.

I problemi per i poli della chimica sono sorti in seguito alla nomina della nuova dirigenza Eni da parte del governo Renzi, il 14 aprile scorso. E il nuovo Cda, guidato dalla presidente Emma Marcegaglia e dall’amministratore delegato Claudio Descalzi, ha fatto marcia indietro rispetto agli impegni assunti lo scorso febbraio, che garantivano il potenziamento dell’impianto di cracking di Porto Marghera che fornisce le materie prime a tutti gli stabilimenti del nord Italia. “Per il Sindacato – scrivono le organizzazioni in un comunicato unitario – le dichiarazioni mosse da Descalzi risultano essere scellerate e scioccanti poiché se dovessero concretizzarsi metterebbero in discussione il ruolo dell’Eni nel nostro paese (ente nazionale idrocarburi) e inevitabilmente creerebbero ricadute pesanti per l’intero sistema industriale ed occupazionale italiano. Riteniamo inammissibile come a distanza di pochi mesi accordi sottoscritti di investimenti e piani di rilancio ( Porto Marghera e Gela) vengano cancellati con un colpo di spugna. La messa in discussione dell’intero piano industriale e di investimenti presentato non più di un anno fa e trasformato in un piano di dismissioni, metterà da subito in crisi l’intera filiera produttiva della chimica padana (Marghera, Ferrara, Mantova, Ravenna) ed una regione già al collasso industriale come la Sicilia la quale ha già visto in questi anni ridurre notevolmente le attività dell’Eni”.

A Ferrara gli impianti che si troverebbero in difficoltà di fronte alle mosse di Eni sono soprattutto quelli Basell e Versalis (quest’ultima a sua volta fa parte del gruppo Eni) e per questo i sindacati affermano che “Per Ferrara è fondamentale avere la certezza nell’approvvigionamento e dei costi delle materie prime (etilene e propilene) se si vuole garantire continuità produttiva allo stabilimento tutto”. E da questo presupposto nasce l’appello al governo perchè, come principale socio di Eni (il 30% della società è di proprietà pubblica attraverso la Cassa Depositi e Prestiti) “chiarisca simili comportamenti e si faccia portatore di una vera politica industriale di un settore strategico per il paese”.

Un appello che si scontra però con una sorta di ‘conflitto di interesse’ da parte del Governo, dal momento che è stato lo stesso esecutivo Renzi a stabilire i rinnovi delle cariche nelle grandi aziende pubbliche. “Chiediamo al governo di intervenire – dichiara il segretario provinciale Femca, Stefano mantovani – anche se mi risulta che quella di Descalzi sia una nomina da parte del governo. Ma ricordiamo che il 30% dell’Eni è di proprietà degli italiani. Quello che non ci va giù è il mancato rispetto degli accordi: noi abbiamo creduto nell’accordo del 10 febbraio su Porto Marghera, che prevedeva assetto impiantistico con investimenti che avrebbero garantito la serenità anche agli stabilimenti ‘a valle’. Il 18 agosto era previsto il riavvio del cracking, ma ora Eni sta chiedendo di posticipare il riavvio, sostenendo che il ministero non rilascia l’autorizzazione per la centrale elettrica. Una spiegazione a cui non crediamo”.

E mentre continua lo scontro tra azienda e sindacati, a Ferrara si cominciano ad avvertire i primi problemi di approvvigionamento delle materie prime. “Si – conferma Mantovani -, si è già verificato qualche problema che ha condizionato gli impianti. Eppure siamo in un momento in cui non ci sono problemi di mercato e tutta la produzione viene venduta: non ha senso annullare gli investimenti”.

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