Bando. “In questa indagine l’Arma dei carabinieri non fa una gran figura. Ma la colpa è della procura, che ha caricato tutte le responsabilità sulle spalle di un maresciallo che non poteva avere le competenze necessarie”. Più che arringhe difensive, le parole degli avvocati Livio Veronesi e Filippo Andreussi suonano come veri e propri atti di accusa al lavoro svolto dagli inquirenti, durante le indagini sulle presunte violazioni degli obblighi ambientali della centrale a biomasse di Bando di Argenta. I due legali, difensori rispettivamente di Lanfranco Graziani (vicecapo della centrale termoelettrica San Marco Bioenergie) e Giovanni Aliboni (presidente del cda della centrale), prima ancora che concentrarsi sugli elementi soggettivi dei propri assistiti, mettono infatti in discussione l’intero processo, concordando nel sostenere che “la procura, così come le parti civili, non ha mai assolto l’onere probatorio”.
Una linea difensiva basata soprattutto sulle consulenze portate dalle difese e dal tribunale durante le udienze, che secondo gli avvocati confuterebbero le conclusioni della procura. Un discorso in cui entra nel merito Andreussi, che critica l’impianto accusatorio sostenendo che “tutte le conclusioni portate dalla procura si basano sugli studi del maresciallo Crocetti, che per sua stessa ammissione si definiva un autodidatta in materie ambientali. Solo dopo averlo fatto deporre per due volte nel 2011 la procura ha deciso di nominare anche un consulente tecnico, l’ingegner Rabitti, che però ha fatto solo una acritica acquisizione dei dati del maresciallo, in un processo che avrebbe richiesto competenze molto più specifiche”. Una consulenza, quella di Rabitti, che l’avvocato mette in discussione anche perchè “l’ingegnere era una delle persone che anni prima andava a manifestare perchè la centrale non venisse aperta”.
Manca poi secondo gli avvocati anche la prova dei danni ambientali o ai cittadini, tema questo che riguarda in particolare le richieste di risarcimento delle parti civili: Legambiente, Comune di Argenta, Provincia di Ferrara, Regione Emilia-Romagna e Ministero dell’Ambiente. “Non è sufficiente costituirsi parte civile – attacca Veronesi – per poter richiedere un risarcimento. Bisogna anche dimostrare che si è subito un danno, ma questo non è emerso nemmeno dalle analisi dell’Arpa, la cui credibilità non è mai stata in discussione”.
Gli avvocati scendono anche nei punti più tecnici, sostenendo che la centrale a biomasse di Bando di Argenta non avrebbe mai incenerito, come sostenuto dall’accusa, materiali inquinanti come rifiuti, plastica, metalli pesanti o legno trattato. Una considerazione basata sul fatto che “la centrale non dispone di post-bruciatori, quindi sarebbe impossibile incenerire questi materiali”, e sul fatto che alcuni degli elementi chimici riscontrati nelle emissioni e contestati dalla procura (in particolare l’acido cloridrico) “sono presenti anche in biomasse di ottima qualità”.
La discussione del processo riprenderà alla fine di marzo, quando il pm Stefano Antonori replicherà alle arringhe difensive e il tribunale potrà emettere l’attesa sentenza.
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