Cronaca
8 Dicembre 2013
Tariffe inaffrontabili per riprodurre le fonti. Ma il Comune preferisce incassare che agevolare gli studi

Il lavoro impossibile del ricercatore a Ferrara

di Ruggero Veronese | 4 min

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admin-ajax (11)Ferrara: storica città d’arte che raccoglie successo e gloria su centinaia di pubblicazioni e riviste accademiche in tutto il mondo. Città che però, paradossalmente, non rende la vita troppo facile ai ricercatori universitari che ne studiano i tesori nascosti. A partire dai costi per la riproduzione dei documenti custoditi nella Biblioteca Ariostea: manoscritti letterari, disegni artistici, progetti di palazzi storici. Patrimoni preziosi e da trattare con doverosa cautela, certo, ma anche strumenti indispensabili perchè i ricercatori possano diffondere l’immagine della città tra la comunità accademica internazionale. Peccato che i costi richiesti dal Comune siano tutt’altro che abbordabili, soprattutto considerando la scarsità di risorse a disposizione per la ricerca.

Emblematico è il caso di Francesca Mattei, architetto e ricercatrice ferrarese, che solleva la questione dopo aver scritto – senza ricevere risposta – alla segreteria del sindaco Tiziano Tagliani e al vicesindaco (e assessore alla cultura) Massimo Maisto. Mattei ha recentemente licenziato una monografia su Palazzo Crispi, sede del Consorzio di Bonifica, e sta ora lavorando su alcune tavole e disegni di proprietà della Biblioteca Ariostea e conservati presso l’Archivio Storico Comunale. Le sue richieste non sono eccessive: servono cinque disegni, da pubblicare recto e verso, più due fotoriproduzioni di un libro antico. Eccessivo sembra piuttosto il prezzo richiesto dal personale della biblioteca: 490 euro di base, che potranno raggiungere addirittura gli 840 a seconda del computo che stileranno gli addetti al servizio. “Ho provato a chiedere una tariffa agevolata al responsabile – racconta la ricercatrice – e in una prima mail mi è stato risposto che “non è possibile prevedere esenzione-riduzioni dei diritti dovuti”. Ho risposto che trovavo poco incoraggiante tale regolamento e che non dispongo dei mezzi economici per poter sostenere la spesa prevista, che corrisponde nella migliore delle ipotesi a un terzo del mio stipendio”.

Obiezioni che valgono ben poco per l’apparato burocratico, che risponde (“in una molto poco cordiale mail”, ci racconta la Mattei): “Non scendo nel merito delle sue considerazioni personali; l’amministrazione comunale ha disposto legittimamente che l’uso di immagini di beni culturali di proprietà comunale avvenga a titolo oneroso e non gratuito. Se avrà modo di frequentare altre istituzioni, italiane o straniere, si renderà conto che le norme sono sostanzialmente congrue”. Chi vuole pubblicare una ricerca – impresa ardua se non si può allegare neanche una fonte – deve quindi pagare, e non poco. E se l’università non sostiene i costi il ricercatore si deve arrangiare come può. Per qualche migliaio di euro in più nei bilanci comunali, dar vita a una pubblicazione su Ferrara diventa quindi un’operazione assai onerosa per gli studiosi.

Ma funziona davvero così nelle “altre  istituzioni, italiane o straniere”? Solo fino a un certo punto, e ce lo spiega (“proprio perchè ho frequentato diverse istituzioni nazionali e internazionali”) la stessa ricercatrice. Innanzitutto proprio a Ferrara queste tariffe sono quasi una novità: fu nella seduta dell’11 ottobre 2010 che il consiglio comunale approvò che “la pubblicazione da parte di soggetti terzi (privati o pubblici) di beni culturali di proprietà comunale richiede un’adeguata regolamentazione” e che il Comune deve avere da questo un beneficio economico. Come termine di paragone per i prezzi fu presa la Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio di Bologna.

Un paragone che si fermò però alle tariffe massime. “Faccio presente – puntualizza la ricercatrice ferrarese – che la Biblioteca dell’Archiginnasio applica una tariffa di 50 euro per le prime cinque immagini richieste, che scendono a 25 per le successive; e inoltre prevede sconti qualora si tratti di pubblicazioni scientifiche”. A questo si aggiunge anche una differenza nella qualità del servizio di cui i costi dovrebbero tener conto: “La Biblioteca Ariostea o l’Archivio Storico non forniscono alcuna riproduzione – spiega la Mattei -: è lo studioso che con mezzi propri, e in condizioni di illuminazione decisamente scadenti, senza poter usare cavalletti o altra attrezzatura, deve provvedere a procurarsi le immagini per le proprie pubblicazioni. Dunque non c’è nessun servizio fornito dalla biblioteca: viene solo richiesta una tassa”.

Senza contare poi sull’appoggio che – teoricamente – le istituzioni dovrebbero dare alla ricerca scientifica e all’oggettivo interesse che avrebbero nel dare più diffusione possibile al patrimonio artistico. “Restando nella stessa regione – continua la ricercatrice – la Biblioteca Estense di Modena fornisce riproduzioni scattate da un professionista al prezzo di una marca da bollo. Allargando gli orizzonti, la Biblioteca Apostolica Vaticana applica uno sconto del 50% di fronte a pubblicazioni scientifiche e la Bibliothèque Nationale de France di Parigi arriva addirittura a una riduzione dell’80%. La rivista dove pubblicherò il mio lavoro è una delle più prestigiose nel settore e una pubblicazione tra le sue pagine permetterebbe, peraltro, di conoscere tali materiali, producendo una proficua pubblicità per l’istituzione ferrarese”. Una pubblicità che probabilmente, attraverso agenzie, campagne promozionali e professionisti del settore, costerebbe alle casse del Comune ben più della cifra richiesta a una ricercatrice appassionata.

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