Attualità
8 Luglio 2013

Good girls don’t dance

di Luca Bernardini | 4 min

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india«Una brava ragazza dovrebbe essere docile. Indossa un vestito che le copra in maniera consona il corpo. Mentre le cattive ragazze vanno in discoteca e flirtano con i ragazzi».

Il documentario di 14 minuti intitolato “Good Girls don’t dance”, girato a Bangalore da Padmalatha Ravi, è uno spaccato di come viene vista la donna in India. Un argomento caldissimo in questo momento nel Paese, dopo i numerosi episodi di abusi sessuali e le proteste che ne sono scaturite. Il documentario integrale è visibile on line qui: http://youtu.be/-JT8nmTvu78

«Dopo il fatto di Delhi (una studentessa è deceduta a seguito delle lesioni subite durante uno stupro di gruppo su un autobus), il dibattito sulla violenza sessuale è popolare quanto non mai. Ho voluto capire perché spesso le donne vengano incolpate della violenza subita» dice Padmalatha Ravi.

Attraverso le interviste a studenti, anziani, membri delle classi ricche e povere, operai e professionisti, emerge un quadro preoccupante.

La donna ideale evita di “provocare l’uomo”, non fuma, né beve, né flirta, non dovrebbe nemmeno avere una propria opinione. La risposta che gli intervistati danno quando viene chiesto loro chi è il responsabile dello stupro è emblematica: pochi di loro incolpano lo stupratore, la maggior parte ritiene responsabili la società (ed è difficile capire cosa intendano) e le donne stesse!

Illustrando anche quanto gli stereotipi siano ben radicati nel pensare comune, il documentario rivela che il preconcetto della donna “colpevole di aver provocato l’uomo” è comune nelle persone con un’istruzione medio-alta e una situazione economica agiata.

Al contrario una domestica intervistata sostiene con convinzione: «I vestiti non possono giocare il ruolo di istigazione alla violenza. Una persona deve sentirsi libera di indossare ciò che vuole». Parole in netto contrasto con le affermazioni di appartenenti alla middle-class, i quali spesso incolpano, almeno in parte, la donna. Ciò che stupisce del documentario di Padmalatha Ravi infatti è l’evidente frustrazione sessuale da parte della middle class, quella che nell’immaginario comune dovrebbe essere più progressista, poiché più istruita.

L’ondata di violenze sessuali non è dunque un fenomeno nuovo, ma un retaggio del passato, in un Paese dove è considerato disdicevole qualsiasi segno d’affetto tra uomo e donna: niente abbracci, niente baci. Attenzione alle generalizzazioni però. Nelle metropoli come Mumbai è sempre più comune vedere teenager scambiarsi segni d’affetto e pure baci appassionati in pubblico. Specie nei disco club, ma ho visto con i miei occhi anche per strada.

Insomma qualcosa si sta muovendo, ne è la riprova l’impennata di denunce per molestie, che sta a significare non un aumento del fenomeno, ma il maggior coraggio delle donne a denunciare. Nel 2012 sono state 552 le segnalazioni di molestie, il 14% in più rispetto al 2011. L’industria di Bollywood (anche se a volte essa stessa produce gli stereotipi), i mezzi di comunicazione, le organizzazioni a difesa delle donne, il semplice contatto con la cultura occidentale stanno lentamente cambiando le cose. Le manifestazioni di massa dopo gli ultimi casi di violenza sono un segnale inequivocabile.

Certo venderà cara la pelle l’immagine della sacralità della madre o della moglie da contrapporre ai facili costumi dell’amante, della segretaria… o della turista occidentale. Si, diciamo che il modo di vestire e di comportarsi delle donne bianche sconcerta e attira il desiderio degli uomini indiani, al di là di un certo feticismo per la pelle chiara. Comunque mettersi in topless in spiaggia in un Paese dove si fa il bagno in mare vestiti per pudicizia, non può di sicuro aiutare… Non partite in quarta, non sto dicendo che un topless è un passepartout per la violenza.  Bisogna solo ricordare che certi atteggiamenti normali in occidente sono un po’ “estremi” in altri Paesi ed evitarli non costa nulla. Poi ognuno trae le conclusioni che ritiene opportune.

E’ un Pese dove la donna deve essere protetta “artificialmente” da leggi e regolamenti, come scompartimenti separati in treno, file per uomo e donna ai controlli in aeroporto, condanne draconiane per molestie ecc., anziché tutelata culturalmente.

Ancora, è illegale per i genitori venire a conoscenza del sesso del feto, poiché il costringere all’aborto la madre qualora il nascituro sia femmina è ancora pratica diffusa.

Una parte determinante di questa situazione è da ascrivere all’eredità della società castale che ancora sopravvive nelle zone rurali, ma non solo. Nei pressi di Mumbai pochi giorni fa una ragazza in cinta è stata strangolata in pubblico dal padre, rea di aver sposato un uomo appartenente a una casta inferiore. Il clamore suscitato dalla stampa era soprattutto per il fatto che l’episodio fosse accaduto in città e non nei villaggi. Non il fatto in se…

Pochi, impietosi numeri per illustrare il fenomeno:

In India viene stuprata una donna ogni 20 minuti

207 le violenze sessuali denunciate a Mumbai nel 2012

Delhi è la capitale della violenza sessuale con 568 casi registrati l’anno scorso

L’India è terza nel ranking dei Paesi con più violenze sessuali, dopo Usa e Sud Africa

Secondo gli esperti, solo il 15% delle violenze viene denunciato

Altri film/documentari:

Unlimited girls di Paromita Vohra. Qui il trailer: http://youtu.be/PQWqRQfijUc

Mera Apna Sheher di Sameera Jain. Qui il trailer: http://youtu.be/EEaa_37kb6s

Foto: instagram.com/bernardhindi

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