Eventi e cultura
11 Febbraio 2013
Intervista a Massimo Alì Mohammad, l'autore di Mignon

Trasgressioni estensi

di Elena Bertelli | 5 min

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mignonSarà proiettato alla Sala Boldini il 10 aprile, durante una delle 7 date del Doc in tour, la rassegna dei documentari in Emilia-Romagna, il film autoprodotto sull’ultimo cinema a luci rosse della città. Il regista Massimo Alì Mohammad, nato a Napoli nel 1983, trasferitosi a Ferrara quattro anni fa, racconta il making of del suo documentario antro-pop-porno, Mignon, dal nome dell’ultimo cinema dedicato rimasto in città.

Come ti è venuto in mente di girare questo documentario?

Era il 2009, ero appena arrivato a Ferrara e stavo cercando casa, sono passato davanti alla chiesa sconsacrata di Via Porta San Pietro dove sta il Mignon e, quando mi sono accorto che era un cinema per soli adulti, ho iniziato a pensare che il binomio chiesa – film a luci rosse poteva essere perfetto per raccontare una tipicità tutta italiana. La contraddizione abbastanza radicata nella nostra società tra l’osservanza religiosa, a volte ostentata, e la tendenza a essere spregiudicati soprattutto quando si tratta di mettere in mostra il corpo e la sessualità.

Con Mignon ho cercato di dimostrare che la trasgressione è stata addomesticata: le tv, le riviste patinate e persino alcuni quotidiani, propongono continuamente immagini cariche di sensualità, per dimostrare che siamo un Paese anticonformista, quando invece è l’esatto opposto; ad esempio, quando discriminiamo l’omosessualità, viviamo il porno come un tabù…

Credo che il documentario che ho girato sia la prova che, nonostante il continuo bombardamento di qualsiasi tipo di immagine, anche le più spinte e volgari, nel cinema, con il sesso, si possa dire ancora qualcosa di originale e lo si capisce soprattutto dalle interviste che ho fatto ai frequentatori dell’ambiente.

A questo proposito, non deve essere stato facile convincere le persone a esporsi su questo argomento.

Non è stato semplice, su alcune interviste ho potuto registrare solo il parlato per poi lavorare in post produzione. Devo dire che c’è un pregiudizio diffuso sui frequentatori di cinema porno, si pensa che la maggior parte siano di estrazione sociale modesta, invece ho visto davvero persone di ogni tipo.

Ma questo film non vuole raccontare le persone, chi andrà a vederlo solo per provare a riconoscere qualche faccia conosciuta resterà deluso. Attraverso Mignon ho voluto descrivere un atteggiamento anticonformista nei confronti della religione, che ho notato anche tra le persone delle generazioni più vecchie, così diverso dal modo di comportarsi che predomina al Sud, dove la pratica e il credo religioso son messi in mostra il più possibile. Credo che la diversità stia anche nella storia sociale e politica. L’Emilia è una terra dove molti sessantenni sono figli di chi ha fatto la Resistenza e forse il rapporto più intimo e introspettivo con la religione  è dovuto a questa esperienza.

Cosa pensi dell’Emilia? Sei qui da diversi anni, ti piace vivere a Ferrara?

Ho sempre avuto una passione per questa regione, la mia idea, quando vivevo a Napoli, era di trasferirmi in una città di provincia di piccole dimensioni. Sono stati in particolare certi registi a farmi innamorare di questa terra, Fellini, Lattuada, Zurlini e Pupi Avati. L’hanno saputa rendere così affascinante. E Avati ha persino avuto il coraggio di girarci un film horror, dando vita al cosiddetto ‘gotico padano’ -girare un film horror è uno dei miei sogni nel cassetto!

Mignon è un’occasione per parlare di Ferrara e della sua storia. Le tre persone che lavorano nel cinema appartengono a tre generazioni differenti e ho cercato di trasmettere attraverso il loro racconto, l’idea di testimonianza come conservazione della memoria.

Il cinema Mignon è una sala di provincia come tante altre, indipendentemente dal genere che propone, fa parte di quella realtà di piccoli cinema a pellicola destinati a scomparire con il monopolio del digitale.

Ho saputo di un tuo rapporto controverso con gli oroscopi (** Stelle e stringhe è un cortometraggio girato dal regista all’età di vent’anni. È visibile online, come altri suoi lavori, alla pagina http://vimeo.com/57293821, ndr) per cui non posso che iniziare così la prossima domanda. Sei nato sotto il segno del toro, quindi i tuoi piedi sono ben piantati a terra. Anche se vivi lontano dalla città in cui sei nato, sei sempre alla ricerca di un legame con il passato, con le origini. Possiamo dire che buona parte del tuo lavoro di regista è finalizzato a conservare la memoria di una realtà socioculturale destinata prima o poi a scomparire, a evolversi?

La memoria, l’attaccamento alle proprie origini è molto importante (ho fatto un documentario su mia nonna, spero di riuscire presto a partire in viaggio con mio padre per scoprire i luoghi in cui e nato…) Fin da piccolo sono sempre stato attratto dagli oggetti e dal fatto che per utilizzarli sono necessari certi movimenti delle mani. Molti oggetti del passato oggi hanno perso totalmente la loro funzionalità e di conseguenza anche i mestieri legati alla loro produzione sono destinati a sparire. È per questo, che insieme ad altri membri dell’associazione Feedback (che ha supportato anche la realizzazione di Mignon insieme all’Ufficio Cinema del Comune) stiamo girando un documentario dentro alle botteghe artigiane ferraresi a gestione familiare che quasi sicuramente chiuderanno una volta che gli attuali proprietari andranno in pensione.

Ogni città è ricca di questa memoria culturale da conservare e Ferrara offre moltissimi spunti.

Solo ancora un paio di domande sul documentario in uscita. Che tipo di pubblico ti aspetti in sala? Come pensi che reagirà? Credi che anche il cinema Mignon sia destinato a morire?

Il Mignon non dovrebbe risentire molto della crisi, le pellicole sono di proprietà del cinema e facendole girare ciclicamente per diverse sale della zona non si hanno grosse spese.

A breve saprò se la censura deciderà di vietare ai minori di 14 anni il mio documentario o se deciderà di eliminare delle scene. In ogni caso mi aspetto un pubblico vario e curioso di conoscere la storia di questo posto ‘proibito’. Dopo la sua uscita nelle sale il Mignon potrebbe diventare un luogo di culto. Io mi auguro solamente che possa continuare a vivere e a rappresentare l’istituzione cittadina dai più riconosciuta come tale.

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