Cronaca
12 Novembre 2012
Pannelli ammuffiti, scatole anacronistiche e segnali "illuminanti"

Sessanta minuti a Cona

di Ruggero Veronese | 3 min

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“Un’ora al terzo piano del settore 2 del nuovissimo ospedale di Cona”. Più che una visita di cortesia è una gita di fantozziana memoria nei meandri del nuovo Sant’Anna. Così titola la lettera inviata alla redazione Paolo Giardini, prima di sciorinare una serie di foto scattate lungo corridoi e sale d’attesa di via Palmirano.

Il lettore racconta appunto sessanta minuti di “ordinaria follia” (questa volta la citazione è mutuata dalla filmografia americana) al terzo piano del settore 2 di Cona. Nelle fotografie effettuate durante la sua visita compaiono pannelli già incrostati dalla muffa, la mancanza di sedie e arredi nelle zone di pubblico passaggio e scatole per i cavi elettrici ormai datate e senza targhette identificative. Senza contare l’ormai proverbiale confusione della segnaletica per uscire dai reparti – o addirittura dall’ospedale.
Ma andiamo con calma. E partiamo dall’alto. Cioè dal soffitto. “Se non è l’inizio di un lavoro di trompe l’oeil, è umidità”, scherza Giardini inquadrando con l’obbiettivo fotografico i pannelli che coprono il solaio di certe zone: ammuffiti o addirittura mancanti. Pannelli idrorepellenti o in aeroegel di silicio – suggerisce il lettore – avrebbero forse avuto un effetto diverso…

Attraverso le stesse aperture sono visibili anche le scatole di derivazione elettrica. Un prototipo ora datato, lascia intendere Giardini, che sottolinea come il modello del tipo “a passacavi” sia ormai superato da quello “a pressacavi”, più sicuro dal punto di vista di possibili infiltrazioni d’acqua. Altra “chicca” notata dal lettore: la “dicitura manoscritta sul coperchio! L’ancor viva esperienza millenaria amanuense aiuta a non banalizzare le custodie con targhette indelebili, incise a pantografo e fissate meccanicamente, come prescritto dai Capitolati consegnati ai cantieri per far divertire le maestranze”.

Il tutto in quello che il mittente, attingendo a piene mani dalle armi dell’ironia, ricorda essere – “un ospedale d’eccellenza di livello europeo, come ripetutamente garantitoci da tutti i maggiorenti al potere”.

Infine la gita termina con un punto interrogativo. Come uscire? A giudicare dal cartello che recita “per uscire portarsi sempre al piano 1” non c’è da meravigliarsi di tutte le persone che vagano al piano terra in cerca dell’uscita. Una delle ipotesi del nostro lettore è: “Si obbligano soste al Piano 1 per abbiette manovre commerciali? Costringendo tutti a vedere i negozi nella parte alta della galleria che, guarda la combinazione, è giusto al primo piano?”. Difficile da stabilire, ma sul problema dell’orientamento in ospedale sono già arrivate numerose rassicurazioni, non ultime quelle del sindaco Tiziano Tagliani durante la festa del Pd a Pontelagoscuro: “Tra dieci anni non parleremo più di questi problemi iniziali, ma della qualità dei servizi”.

In attesa di questo, per guadagnare l’uscita, sposiamo la conclusione di Giardini: “Non capisco, ma mi adeguo. Come diceva quel rappresentante di pedalò in Unione Sovietica”.

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