Salute
21 Settembre 2022
Ne hanno parlato gli esperti dell'Azienda Usl di Ferrara a Salute Focus

“Zero alcol in gravidanza”: i rischi che corre il feto se la donna beve quando è incinta

di Redazione | 6 min

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Zero alcol in gravidanza. E’ lo slogan con cui ogni anno, il 9 settembre, le autorità sanitarie mondiali intendono sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto ad una sindrome che colpisce il feto se la mamma fa uso di alcol durante la gravidanza. Una sindrome che può creare diversi disturbi al futuro nascituro e che si chiama “Sindrome dello spettro alcolico” o Fasd (dall’inglese Fetal alcohol spectrum disorders).

Il tema è stato al centro del consueto appuntamento del martedì con Salute Focus Ferrara (format web di approfondimento a cura dell’Azienda Usl condotto da Alexandra Boeru) con Luisa Garofani direttrice del Serd di Ferrara, Franca Emanuelli direttrice dell’Uonpia Ausl Ferrara e Massimo Trombini tossicologo Sert Ausl Ferrara.  

La Fasd è una sindrome che comporta disabilità e problemi di tipo fisico, mentale, comportamentale e di apprendimento con implicazioni che possono durare tutta la vita ed è determinata dagli effetti sul feto del consumo di alcol da parte della donna in gravidanza.

“Le donne che utilizzano alcol in gravidanza – spiega il tossicologo Trombini – si espongono ad un rischio indipendentemente dai quantitativi. Ad oggi infatti non è stato definito un dosaggio certo di alcol oltre al quale si sviluppa la malattia, è quindi fondamentale non usarne nemmeno piccole quantità”. E Trombini prosegue: “L’alcol con metaboliti tossici agisce a livello placentare. Il feto può andare incontro all’ipossia, ovvero scarsa ossigenazione con ripercussioni sui tessuti più sensibili, quindi sul sistema nervoso, con conseguenze sul neuro sviluppo del bambino che può manifestarsi alla nascita o negli anni successivi”.

“Il feto non è in grado di metabolizzare l’alcol – ha poi concluso – quindi occorre massima attenzione per la donna in gravidanza e noi con il nostro servizio siamo pronti ad accogliere le donne che hanno problematiche di alcol e scoprono di essere incinte, ma facciamo anche prevenzione a 360 gradi”.

A spiegare quali possono essere le problematiche a cui vanno incontro i bambini affetti da questa sindrome o a disturbi del suo “spettro” è stata la neuropsichiatra infantile Franca Emanuelli, direttrice dell’Uonpia Ausl Ferrara.

“Le prime evidenze si possono avere addirittura durante la gravidanza con il segno del basso peso, un bimbo molto piccolo o con anche caratteristiche facciali riconoscibili nel momento in cui la sindrome è nella sua massima espressione (linee palpebrali, bocca, caratteristiche muscoloscheletriche)”. “Qui – precisa Emanuelli – è più semplice il sospetto diagnostico mentre le difficoltà ad intercettare la sindrome ci sono quando questi “indicatori” non sono presenti ma ci sono altre problematiche, da solo o insieme. Si va da problematiche cardiologiche, renali, difficoltà neurocomportamentali e anche nelle funzioni esecutive, nei processi di memoria attenzione ed apprendimento”. E ancora: “Queste problematiche devono far nascere il sospetto diagnostico da parte dei clinici che per primi entrano in contatto con il bambino, dai pediatri agli specialisti. Sono caratteristiche generali che vanno magari messe insieme alle informazioni relative alla nascita ed eventualmente alla storia della gravidanza del bambino”. E chiude affermando: “E’ necessario, ha sottolineato la direttrice dell’UONPIA, un diverso approccio verso la diagnosi”.

A sottolineare le difficoltà nel diagnosticare la patologia ma anche l’importanza di questo passaggio per le famiglie ed i bambini con la Fasd è stata anche la testimonianza di Alessandra Pisa, referente regionale Aidefad (associazione che riunisce sul territorio nazionale circa 100 famiglie di bambini con Fasd e che si occupa di accogliere le famiglie e sensibilizzare sanitari e opinione pubblica sul tema). “La diagnosi rappresenta la salvezza per le famiglie e per i bambini perché consente di avere una strada da percorrere. L’altro problema che esiste per le famiglie Fasd – afferma Pisa – è il dopo, ovvero quello che si fa per i bambini con Fasd. Ci sono trattamenti che se utilizzati con consapevolezza e rigore scientifico rispetto alla patologia del bambino possono dare risultati importanti”.

“Occorre fare un progetto riabilitativo che tenga conto delle specifiche caratteristiche individuali del bambino – mette poi in evidenza la neuropsichiatra Emanuelli – un profilo evolutivo con i suoi punti di forza e di fragilità e andare ad incidere proprio su quelli. E’ importante, ha aggiunto, stabilire una gerarchia di interventi e partire da quelli che più impattano sulla fase di sviluppo in cui si trova il bambino in quel momento”.

Ad evidenziare le problematiche che ad esempio si trovano ad affrontare bambini e famiglie nella scuola o con l’adolescenza, è stata la testimonianza di Emanuela Palmieri, mamma di una ragazzina di 14 affetta da un disturbo dello spettro Fasd e anche da autismo. “Parlarne e fare prevenzione è fondamentale ha ricordato sottolineando che per le famiglie Oggi è importante non sentirsi soli e sapere che le fragilità dei propri figli dovute alla Fasd, se affrontate insieme possono sembrare più piccole e fare meno paura”.

“A differenza delle altre patologie della neuropsichiatria infantile, la Fasd si può prevenire perché è legata ad un comportamento evitabile. I genitori hanno bisogno di essere sostenuti – ribadisce Franca Emanuelli – e la società deve lavorare per diffondere le informazioni il più possibile. “Questa sindrome ci obbliga a fare rete a noi medici anche perché è una problematica sempre più diffusa”.

Fondamentale quindi il tema della prevenzione ampliando il raggio agli stili di vita. “Dobbiamo anche tenere prese che si tratta di uno specifico ambito della medicina di genere – evidenzia la direttrice del Serd Ausl Ferrara Luisa Garofani -. Questa sindrome riguarda la vulnerabilità all’azione tossica dell’alcol delle donne e delle adolescenti, che è più elevata rispetto ai loro coetanei maschi. Questo tipo di prevenzione, che sull’alcol parte dall’inizio del consumo ipotetico di alcol, deve far passare il messaggio che la gravidanza deve essere vissuta con senso di responsabilità e adeguatezza per non mettere a rischio una creatura che non solo non ha responsabilità alcuna ma che porterà con sé i segni di questa mancanza di comunicazione che c’è stata per anni.”

“Oggi vediamo giovani consumatori di alcol che presentano sintomi e alterazioni comportamentali non inquadrabili in altre patologie e molti di loro potrebbero avere avuto madri che consumavano alcolici. Questa discontinuità comportamentale che non appartiene a nessuna categoria diagnostica – prosegue Garofani – deve essere approfondita per creare attorno alla persona una rete di adulti consapevoli (al di là della diagnosi) che il loro atteggiamento di comprensione e inclusione è già metà della cura visto che una cura farmacologica non esiste”.

“Occorre – chiude la direttrice del Sert – la consapevolezza collettiva di tutto il sistema sanitario su questo tema, dai ginecologi ai medici di base, alle ostetriche ai pediatri, tutte le figure sanitarie devono concorrere perché ogni donna conosca il rischio che corre consumando alcol in gravidanza, e che corre il suo bambino”.

La puntata è visibile su EstenseTv e sul canale You Tube Ausl Ferrara a questo link https://youtu.be/7gYlFJwGF6M e sulle seguenti pagine Facebook: Azienda Usl Ferrara, Comune di Ferrara, Comune di Argenta, Comune di Copparo, Comune di Codigoro, Comune di Bondeno, Ferrara Focus.

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