Attualità
29 Maggio 2022
Giornalismo, libertà di informazione e diritti costituzionali i temi affrontati al seminario nella Sala del Consiglio comunale di Ferrara

Solidarietà ad Assange alla Festa della Legalità

di Redazione | 3 min

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“Assange rischia di essere estradato negli Stati Uniti e chiuso in una prigione di massima sicurezza, come i criminali del narcotraffico, per aver rivelato documenti segreti che fanno emergere crimini di guerra. Di questa vicenda si dice che è un caso complesso, ci sono fattori da capire, secondo me no, è un caso facilissimo, può capirlo anche chi è privo di istruzione”. Così Stefania Maurizi, giornalista investigativa del Fatto Quotidiano, che ha lavorato a tutti i documenti segreti di WikiLeaks. Quello di Maurizi è stato uno degli interventi del seminario tenutosi nella Sala del Consiglio comunale “Giornalismo, libertà di informare e diritti costituzionali: dal caso Assange – Wikileaks al diritto di cronaca in ambito nazionale”, una formazione a cura dell’Ordine Giornalisti e della Fondazione Giornalisti dell’Emilia-Romagna, in collaborazione con l’Ufficio Stampa del Comune di Ferrara nell’ambito della XIII edizione della Festa della Legalità.

Assange, come ha raccontato Stefania Maurizi, rischia di essere incarcerato per aver rivelato una serie di documenti relativi a crimini di guerra americani in Iraq, ad esempio il video ‘Collateral murder’, che riprende un aereo americano che massacra civili a Bagdad, tra cui un fotografo Reuters e il suo assistente. Il video era stato richiesto dalla stessa agenzia, che però non l’ha ottenuto, Wikileaks sì: “Pasolini diceva ‘io so, ma non ho le prove’, con Wikileaks sappiamo e abbiamo le prove- afferma Maurizi- . In questo caso il segreto di Stato non protegge la collettività, ma la criminalità di Stato”.

“Oltre a questo video – sottolinea la giornalista- Wikileaks ha pubblicato 391 mila file segreti sulla guerra in Iraq, con crimini commessi da tutte le parti. L’accusa, a fini denigratori, che viene fatta spesso all’associazione è di rivelare solo crimini statunitensi, ma non è così”.

Oltre a Stefania Maurizi sono intervenuti Alessandro Somma, professore ordinario di diritto comparato dell’università La Sapienza di Roma, giornalista pubblicista e collaboratore di Micromega Online, Stefania Maurizi, giornalista investigativa del ‘Fatto Quotidiano’, Alberto Spampinato, giornalista e fondatore di ‘Ossigeno per l’informazione’ e Giovanni Rossi, presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna e consigliere nazionale Fnsi.

L’intervento di Alessandro Somma si è concentrato sull’ intreccio tra ordine politico e ordine economico, democrazia e capitalismo, e come questi pilastri incidano sulla libertà di manifestazione del pensiero: “L’informazione è la pietra angolare della democrazia – ha spiegato il docente-, non ci deve essere solo un ordine politico incentrato sulla democrazia, non basta, occorre un sistema di democrazia economica, meccanismo secondo cui i pubblici poteri non tutelano il mercato, ma difendono le persone dal sistema di concorrenza. C’è bisogno di conflitto sociale democratico e perché ci sia questo ci deve essere democrazia economica, altrimenti si è in un contesto spoliticizzato che diventa una spirale perversa che ostacola l’informazione”. Il contesto vede essere sempre più a rischio libertà di stampa in Italia, che nel 2021 si è confermata al 41° posto, già registrato l’anno prima, secondo la graduatoria di Reporter senza frontiere.

Secondo il presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna Giovanni Rossi l’accanimento nei confronti di Assange è “una persecuzione politica delle più atroci, dobbiamo tenere alta l’attenzione e mostrare indignazione per la vicenda e solidarietà per il collega colpito”.

Come ha poi spiegato Spampinato, in merito alla situazione dell’informazione italiana: “C’è un uso intimidatorio della querela per diffamazione. Ci vorrebbe una protezione penale del diritto all’informazione. È una proposta che facciamo da dieci anni: il reato di ostacolo all’informazione giornalistica. In Italia è infatti molto facile usare la diffamazione come intimidazione, anche senza che ci siano tutti i presupposti”.

“Migliaia di querele – prosegue il giornalista -, per il 90% si concludono con il proscioglimento dei giornalisti. Qui appena si pubblica una notizia un po’ sgradita a un imprenditore, o a un amministratore pubblico, ti casca il mondo addosso. E non ci sono nemmeno gli strumenti adatti per contrastare questi abusi. Non succede quasi mai che si attivi la calunnia – quando le accuse poi risultano false – o la lite temeraria”.

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