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7 Aprile 2022
La Russia continua la sua “battaglia” al mondo digitale chiudendo altri social, ma più che di forza, questa è una prova di debolezza

Come la Russia si sta isolando digitalmente

di Redazione | 3 min

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Che tutte le dittature prima o poi abbiano sognato o immaginato l’autarchia è quasi un dato di fatto storico.

Presto o tardi, infatti, l’idea di chiudere la propria nazione alle altre, rendendola il più possibile autonoma attraversa la mente di un autocrate, che la mette in pratica in tanti modi: ritagliandosi un’area di influenza territoriale ampia, lanciandosi alla conquista di colonie, trasformando la propria economia in modo da coprire i bisogni interni senza dover avere scambi con altri.

Oppure, con un certo spirito di modernità, liberarsi dalla rete internet per averne una propria.

È questa l’idea che da tempo sta coltivando Putin e la crisi ucraina ha dato una netta accelerata, ovvero quella di spingere la Russia verso l’autarchia digitale.

Del resto, da quando è cominciato il conflitto, Facebook, Twitter e molti altri social che conosciamo sono stati oscurati o si apprestano ad esserlo.

L’ultimo in ordine cronologico è Instagram: a partire dal 14 marzo, infatti, la piattaforma sarà bloccata e tutti gli utenti russi non potranno più accedere e usare profili pubblici o privati.

Lo ha stabilito proprio il governo del paese, specificando che la scelta è legata al fatto che la società Meta (che quella che gestisce Instagram e Facebook) è stata dichiarata “una organizzazione estremista”, visto che avrebbe consentito “la pubblicazione di informazioni contenenti appelli alla violenza contro i cittadini russi sui suoi social network”.

E di qui la decisione di oscurare i canali social, lasciando così circa 80 milioni di persone di fatto separate dal resto del mondo digitale.

Molti osservatori internazionali e molte ONG che monitorano la libertà di informazione sottolineano come questa sia una mossa molto pericolosa.

In primo luogo, perché significa che la propaganda interna al paese non avrà più un contrappeso: i dissidenti, infatti, impiegano proprio i social network per contrastare l’informazione maggioritaria, usando i propri profili per raccontare e denunciare quanto normalmente non traspare dai tradizionali mezzi di comunicazione.

In secondo luogo, perché un isolamento di questo tipo fa gioco alle ragioni del conflitto, accentuando ancora di più le divisioni e la spaccatura fra Russia e Occidente che viene visto come un aggressore pretestuoso anche (e soprattutto) attraverso i social e internet.

Ma c’è un terzo aspetto che non è da sottovalutare: questa chiusura ermetica da parte del governo russo mostra una certa debolezza, per certi versi inaspettata, nella gestione di internet e dei social, seppure proprio questi ultimi siano stati un’arma spesso molto ben utilizzata dalla stessa Russia.

Basti pensare nel contesto delle elezioni americane e a quanto la rete sia stata sfruttata dagli hacker russi per diffondere notizie false e provare a influenzare l’elettorato.

Una mossa come quella di “oscurare” la rete all’interno del proprio Paese significa che il sistema informatico russo non è sicuro di garantire l’impermeabilità rispetto ad attacchi esterni e la tenuta della propaganda digitale.

In un certo senso, si può quasi dire che in questo caso “chi di web ferisce, di web perisce” e che ancora una volta la crisi ucraina ha portato Putin e tutto l’establishment a dover rivedere le proprie aspettative.

Tuttavia è bene sottolineare che l’isolamento della Russia e questa improvvisa debolezza – con le scelte prese di conseguenza – non è certo una buona notizia: a farne le spese, infatti, sarà ancora una volta la popolazione, che vedrà ridursi drammaticamente i modi e gli strumenti con cui esprimere una propria opinione o conoscere quella degli altri.

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