Goro
2 Marzo 2022
Calamai (Ausl): “Un’opportunità per il territorio”. Brugnoli: “Per noi un’importanza fondamentale”

Anche a Goro e Gorino l’infermiere di famiglia e di comunità

di Redazione | 4 min

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di Lucia Bianchini

Goro. Arriva anche a Goro e Gorino l’infermiere di famiglia e di comunità. Ne parlano Maria Bugnoli, sindaca di Goro, Monica Calamai, direttrice generale dell’Azienda Usl, Roberto Bentivegna, direttore del distretto Sud Est, Marika Colombi, della Direzione infermieristica e Tecnica, i due infermieri di famiglia e di comunità che opereranno in loco, Marcello Fabbri e Pino Antonucci.

“La comunità di Goro e Gorino – riflette Maria Bugnoli– a livello territoriale vive criticità di zona di periferia, distante dai centri principali di offerta dei servizi essenziali come istruzione, mobilità e salute. Si riscontra poi un fenomeno di declino demografico. La comunità che rappresento vive in un territorio in cui l’ospedale più vicino è a 30 km e servizi come medico e pediatra di libera scelta non faticano a trovare copertura. Le criticità sanitarie sono in aumento. Oggi devo ricordare anche gli avvenimenti che si svolgono a livello europeo, che mai nessuno di noi avrebbe considerato. Siamo stati chiamati ieri dal Prefetto per organizzare l’ospitalità e l’accoglienza del popolo ucraino. In questo contesto l’assistenza dell’infermiere di famiglia e comunità assume un’importanza fondamentale. Un servizio nuovo, complementare ai servizi sanitari già presenti, che andrà calibrato ed elaborato. Confido che sia affrontato con un approccio integrato e sinergico. Mai come oggi ritengo che sia una grande opportunità”.

“L’infermiere di famiglia e comunità è un valore aggiunto per il territorio – commenta la direttrice Calamai -. Si tratta di una nuova figura professionale frutto di un percorso complesso a cui ho creduto fin dal 2018 e che oggi oltre a fare riferimento a quanto prevede il Pnrr è contenuta all’interno del nuovo modello organizzativo sanitario previsto dal Decreto 71 che prevede le Case della salute, le Osco, le Centrali operative territoriali (Cot) e appunto il ruolo dell’infermiere di famiglia e comunità”.

E Calamai puntualizza: “Una figura che è un’opportunità per tutte le comunità e dunque anche per quella di Goro. Fa parte di un progetto avviato il 6 dicembre a Ferrara, acceso pochi giorni fa a Mesola e oggi a Goro. Una nuova figura professionale che sta dentro un piano che abbiamo pensato e fatto partire in piena pandemia, nel 2020, formando nuovo personale, attraverso corsi di avanguardia, non esistono ancora percorsi universitari per questa figura professionale, che ci ha portato anche ad assumere nuovo personale che ha superato non solo test di natura tecnica ma anche di tipo psicoattitudinali”.Il servizio, già sperimentato nel centro città e in altre zone, come Mesola e Bosco Mesola, inaugurati negli scorsi mesi, è ora attivo anche a Goro e Gorino con i due ambulatori di Piazza Palmiro Togliatti a Goro e via Ellis Paesanti a Gorino.

L’infermiere, come spiega Marika Colombi, insieme alle competenze tecniche deve avere importanti competenze relazionali, perché la relazione e l’ascolto diventano strumenti di cura, e l’orientamento ai servizi, la presa in carico delle famiglie e delle comunità diventano gli elementi operativi del progetto. Il bacino di operatori formati comprende 333 professionisti, suddivisi per graduatorie distrettuali.

L’infermiere di comunità, nelle aree esterne ancor più che nel centro città, i nuclei della popolazione sono più consolidati e i servizi distanti e l’infermiere di comunità può essere l’elemento che aggancia problematiche che a volte rimangono non conosciute.

L’infermiere è in rete con i servizi, e con i pazienti in dimissione ospedaliera, e questo permette di entrare nelle case e nelle famiglie e portare informazioni, educazione e addestramento rispetto a percorsi legati alla dimissione. L’infermiere va inoltre ad integrare il servizio di assistenza domiciliare, oltre alla possibilità di entrare in rete con il servizio sociale.

“Sgombriamo il campo da fraintendimenti- esordisce Roberto Bentivegna-: l’infermiere non è un sostituto di figure già presenti, ma una possibilità in più. Può rappresentare per pazienti e cittadini un cancello d’ingresso all’offerta della rete, per conoscere i servizi offerti. Dall’altra parte, per il sistema sanitario nazionale, è un modo per agganciare la persona, prima che il cittadino diventi paziente, per offrire una presa in carico anticipando quella che può essere la malattia. Può quindi essere un punto di congiunzione tra servizio sanitario nazionale e persona, e dobbiamo sfruttarla il più possibile”.

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