Gli homo sapiens sono animali a sangue caldo privi di pelliccia, ‘scimmie nude’ che senza protezioni termiche non sopravvivono negli inverni delle latitudini temperate. Pertanto indumenti e abitazioni sono bisogni primari, come il cibo e l’acqua potabile.
I popoli nomadi insegnano che per proteggersi, anche in aree climatiche estreme, non servono edifici da registrare al catasto. La ‘Yurta’ mongola o il ‘Tepee’ indiano, pur senz’acqua corrente e bagno, funzionano benissimo.
Perciò la recente demolizione di un accampamento di senzatetto in un boschetto su Via Ravenna (senza contestuali offerte di opzioni abitative) non rispetta la Dichiarazione dei Diritti Umani, replicando i tanti episodi a cura di autorità comunali e polizia, che periodicamente aprono la caccia al giaciglio di fortuna. Se ne trovano alcuni in edifici fatiscenti, aprono pure i cantieri per abbattere strutture o murare porte e finestre. Fu per tali premure, immagino, che circa dieci anni fa, in un’ora molto antelucana di una fredda giornata, per riuscire a disfarmi del sacchetto della spazzatura non bastò il solito cassonetto, perché un disgraziato che vi dormiva dentro balzò subito fuori.
Supponendo che fosse sgradito il mio pattume, andai a cercare un cassonetto meno surreale.
Hera ha poi bloccato con le ‘calotte’ gli ingressi nei cassonetti dell’indifferenziata ma lasciando, filantropicamente, libertà d’accesso nei meno luridi cassonetti della carta e della plastica.
Non piacerà l’ironia sulla ‘caccia al giaciglio di fortuna’ rivolta alla legittima tutela di sanità, urbanistica, ordine pubblico, sicurezza, eccetera. Non piacerà, però, solo a chi dimentica quanto sia gigantesco il numero di homeless, e non si accorge di vivere immerso in una ironia collettiva in cui l’accoglienza prevista da convenzioni “per la salvaguardia di diritti e libertà fondamentali” si limita a ricalcare quella auspicata dal Wwf per orsi e lupi della Slovenia: libertà di passare la frontiera italiana e stabilirsi nei boschi, disturbando il meno possibile.
Un’ipocrita messinscena, insomma, in cui il dramma dei senzatetto affoga nell’indifferenza anche quando si palesa aggressivamente (es: i lettini dei Pronto Soccorso requisiti da violenti puzzoni, gli ascensori del grattacielo trasformati in latrine, la stazione ferroviaria chiusa di notte per impedire che diventi un nauseabondo dormitorio). Come sempre, niente succede per caso.
Paolo Giardini