Politica
26 Maggio 2020
Lega chiede di puntare sulla plasmaterapia, per il Pd quella intrapresa dalla Regione Emilia-Romagna è la strada giusta

Donini in commissione: “Sulla ricerca Covid Emilia-Romagna in prima linea”

di Redazione | 4 min

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“Sul tema della ricerca l’Emilia-Romagna è in prima linea: dei trentadue protocolli di ricerca nazionali approvati dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), in cinque casi il proponente, e quindi il coordinatore, è un soggetto della nostra regione”.

L’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini, è intervenuto in commissione Politiche per la salute e politiche sociali, presieduta da Ottavia Soncini, sull’attività di ricerca in regione collegata al coronavirus.

Donini ha poi parlato, sempre sul tema della ricerca, della necessità di “evidenze solide”. Spiegando, quindi, che sono diversi i filoni di studio in regione: su farmaci antitrombotici, antimalarici, antivirali e su medicinali che agiscono sulla risposta infiammatoria e immunitaria. “È necessario- ha concluso- fare qualsiasi sforzo per sostenere le attività di ricerca”.

È poi intervenuto in audizione il professore Carlo Salvarani, direttore dell’Unità operative reumatologia dell’arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia e del policlinico di Modena, sui trattamenti sperimentali con il farmaco tocilizumab.

Il tocilizumab è un farmaco biotecnologico già in uso, serve a inibire una citochina, l’interleuchina sei, che gioca un ruolo importante nella risposta immunitaria, anche nelle più gravi polmoniti da Covid. Per Salvarani non deve essere trascurata, in questi pazienti, l’abnorme risposta del sistema immunitario collegata a fenomeni infiammatori, la cosiddetta tempesta citochinica, responsabile del danno polmonare, che deve quindi essere inibita.

La direttrice del Servizio di immunoematologia e medicina trasfusionale dell’area metropolitana di Bologna, Vanda Randi, ha invece affrontato il tema della produzione di plasma da pazienti che hanno contratto il virus.

L’immunoterapia passiva effettuata con l’impiego del plasma dei pazienti convalescenti, definito plasma iperimmune, potrebbe rappresentare un approccio promettente nel trattamento delle infezioni collegate al coronavirus. La terapia con il plasma sembra inoltre essere caratterizzata da un elevato livello di sicurezza. Randi ha però spiegato che, al momento, non ci sono evidenze scientifiche sull’efficacia di questa terapia: “La nostra proposta di ricerca si configura come studio preliminare di fattibilità, per prepararsi a un prossimo futuro nel quale sia ipotizzabile una raccolta su più larga scala di plasma iperimmune”.

Il professore Pierluigi Viale, direttore dell’Unità operativa malattie infettive del policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, ha parlato dei trattamenti sperimentali con eparina a basso peso molecolare. Anche il professore ha ribadito l’importanza di arrivare a una terapia antivirale precoce, collegata a un’azione antinfiammatoria. Questi farmaci, nello stadio iniziale della malattia, sembra siano in grado di ingannare il virus, che aggredisce l’eparina e non le cellule sane.

Il professore Giovanni Guaraldi, dell’Università di Modena e Reggio Emilia ha invece riferito della realizzazione di un modello di intelligenza artificiale, machine learning: “Questo studio ha sviluppato un algoritmo di apprendimento automatico, con una precisione di previsione dell’84 per cento, che è potenzialmente in grado di aiutare i medici nel processo decisionale con implicazioni terapeutiche”.

Dai banchi dell’opposizione è stato Daniele Marchetti, vicepresidente della commissione, a criticare “le perdite di tempo della Giunta sulla gestione di molti aspetti della lotta al coronavirus. Uno di questi è la plasmaterapia”. Il consigliere della Lega ha poi ricordato: “All’inizio di marzo abbiamo depositato un’interrogazione per chiedere che anche in Emilia-Romagna si iniziasse la terapia con il plasma. L’ormai ex commissario Venturi aveva subito chiuso a questa possibilità. Non eravamo stupiti perché il modus operandi della Giunta è quello di osteggiare ogni proposta che arriva dalla Lega. Alcuni giorni dopo però è arrivata dall’esecutivo un’apertura. Oggi, quasi un mese dopo, le aziende sanitarie lamentano ancora l’assenza di indicazioni chiare”. Marchetti ha criticato anche la scelta di non invitare in commissione il professor Giuseppe De Donno, pioniere della plasmaterapia, e ha auspicato la “creazione di una banca regionale del plasma”.

Soddisfatto delle audizioni dei professori Giuseppe Paruolo (Partito democratico) che ha commentato: “Il Covid ci ha insegnato il valore dell’interdisciplinarietà, ha coinvolto virologi, pneumologi, reumatologi; è una patologia che non è stata di dominio di un solo primario”. Da qui, la necessità, secondo il dem, di “rafforzare il più possibile la capacità di dare risposte interdisciplinari”.

“Completamente d’accordo”, ha risposto Guaraldi che ha ribadito come la condivisione dei dati sulle cartelle cliniche tra diversi medici sia stata un aiuto fondamentale.

“Una commissione molto interessante perché ha dato evidenza di come la nostra Regione si sia mossa per intervenire dove c’era bisogno di cura, mettendo anche in moto un percorso di ricerca fondamentale”, ha sottolineato Lia Montalti, sempre del Partito democratico. La consigliera non è però d’accordo con le parole del leghista Marchetti: “I protocolli di ricerca sul versante farmacologico, così come lo studio sul plasma, non possono essere usati a caso, ma devono fare parte di un percorso scientifico e di ricerca applicato”.

“Una raccolta di dati scientifici e prassi cliniche molto utile e realizzata in tempi brevi”, ha commentato Roberta Mori (Pd), che ha anche chiesto se esistano informazioni sulle differenze di genere nel manifestarsi della patologia.

“Ci sono gruppi di ricerca che stanno lavorando su questi dati,” ha risposto sempre il professor Guaraldi, “donne e giovani si ammalano meno, stiamo cercando ancora di capire il perché”.

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