Attualità
25 Maggio 2020
Ritardi nelle prescrizioni: "Mancano i protocolli". Vagnini ne è "a conoscenza", per il capo dell'Igiene Pubblica si fa "tutto in tre giorni"

Tamponi e test sierologici, medici di base: “Siamo nel limbo”

di Redazione | 5 min

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Diversi medici di base del Ferrarese stanno ritardando la prescrizione degli esami sierologici per la ricerca degli anticorpi contro il coronavirus in regime privatistico a causa dell’incertezza generatasi sul protocollo per l’effettuazione dei tamponi oro-faringei in caso di positività ai test.

Gli esami sierologici sono disponibili in Emilia-Romagna dal 12 maggio – a seguito di un’ordinanza regionale che ne permette l’effettuazione su richiesta degli interessati dopo una prescrizione del medico di base – come indagine per scoprire se una persona ha avuto un contatto con il nuovo coronavirus (Sars-CoV-2) e ne ha sviluppato i conseguenti anticorpi tramite la ricerca delle immunoglobuline specifiche. La loro presenza permette di determinare se un individuo ha almeno parzialmente delle difese immunitarie e fornire una risposta di massima su quando si sia verificata l’infezione grazie alla differenza temporale nella generazione delle diverse immunoglobuline.

L’esame è in alcuni casi richiesto dalle aziende per valutare il ritorno sul posto di lavoro dei dipendenti. Se per le imprese è sufficiente produrre un’autocertificazione per accedere ai laboratori accreditati per lo svolgimento dei test, per i privati in dubbio su una loro possibile esposizione è necessaria una prescrizione – anche su carta semplice – del proprio medico di base che la rilascia nel caso la richiesta sia fondata.

L’ottenimento della prescrizione non è però scontato. L’ordinanza che regola l’esecuzione dei test sierologici in Emilia-Romagna impone ai laboratori di segnalare alle Ausl di riferimento i dati anagrafici di tutti i positivi per l’avvio immediato dell’isolamento in attesa che l’esito del tampone possa determinare se l’individuo esposto al Sars-CoV-2 sia ancora contagioso.

L’Ausl di Ferrara tuttavia non ha ancora un protocollo per l’invio al tampone dei positivi all’esame sierologico, con l’effetto potenzialmente grottesco che una persona esposta al nuovo coronavirus nei mesi scorsi sia legalmente costretta in casa per un periodo non quantificabile pur avendo magari già superato l’infezione.

Medici di base in ordine sparso. In assenza di direttive chiare, i medici procedono quindi in ordine sparso con chi rilascia comunque l’impegnativa e chi invece rimanda le prescrizioni anche all’interno degli stessi distretti sanitari. In alcuni casi poi, i medici stessi sono stati informati dai loro pazienti della possibilità di richiedere il test sierologico. A non essere chiare, infine, sono le basi sulle quali permettere o negare a un paziente l’esame.

“Abbiamo appreso dalla stampa la decisione della Regione di dare il via libera allo screening sierologico”, racconta un medico di base della provincia a Estense.com, “ma questo senza capire a chi dovremmo farli fare. I medici del lavoro possono richiedere l’effettuazione del sierologico, ma noi non abbiamo indicazioni dall’Ausl e il dipartimento di Igiene Pubblica non è stato coinvolto. Siamo nel limbo, speriamo la situazione venga chiarita”. I medici sono autonomi nella scelta su chi inviare o meno allo screening sierologico, ma “bisogna capire a chi farlo fare”.

La situazione è la stessa sui tamponi: “Andrebbero fatti solo in caso di positività, ma serve un protocollo condiviso e non c’è. La situazione va governata, non può essere una cosa fatta in base a come ci si sveglia”.

L’ultimo protocollo sulla diagnosi e il trattamento dei pazienti Covid-19 pubblicamente disponibile redatto dall’Ausl di Ferrara risale al 27 febbraio, con aggiunte successive per quanto riguarda la gestione dei casi sui luoghi di lavoro. A venire inviati alla diagnosi con il tampone sono i “casi sospetti” caratterizzati da una storia di viaggi o residenze in Cina, un contatto stretto con un paziente con una diagnosi confermata d’infezione da Sars-CoV-2 o i lavoratori delle strutture sanitarie che accolgono pazienti Covid-19. Per gli altri pazienti, ovvero quelli che hanno avuto esposizioni in altri Paesi con una storia di trasmissione locale del virus o quelli che presentano “un decorso clinico insolito o inaspettato, soprattutto un deterioramento improvviso nonostante un trattamento adeguato”, l’invio al tampone è a discrezione dei dipartimenti di sanità pubblica e dei sistemi sanitari locali.

La posizione dell’Ausl. “È un problema di cui siamo a conoscenza”, ammette il direttore generale dell’Ausl di Ferrara, Claudio Vagnini, contattato da Estense.com, spiegando che la sanità pubblica non ha autorità sul regime privatistico e prospettando una soluzione “a breve” senza però fornire date certe al momento. “Certo però –  aggiunge – al momento in Regione si fanno 5mila tamponi al giorno e al 30 giugno abbiamo l’obiettivo di arrivare a quota 10mila. È chiaro che all’aumentare della capacità di test sarà più semplice accedere ai tamponi per tutti, anche a questi soggetti. Al momento stiamo terminando il primo dei due step per lo screening degli operatori sanitari e un protocollo è disponibile anche per i test ai membri delle forze dell’ordine, delle forze armate e dei dipendenti pubblici essenziali”.

Il direttore del servizio di Igiene Pubblica dell’Ausl, Giuseppe Cosenza, offre invece una visione più ottimistica e tranquillizzante, smentendo gli stessi medici di base. “[I medici] purtroppo non leggono. C’è una delibera dell’11 maggio che dice cosa fare: si fa la prescrizione su foglio bianco in base ai criteri sanitari e i test sierologici vengono effettuati nei centri autorizzati dalla Regione. Se risulta positivo, il direttore medico del laboratorio segnala al medico e all’Igiene Pubblica il risultato del test e questa persona deve rimanere a casa finché non lo invitiamo a fare il tampone. Facciamo i drive-throug tre giorni a settimana, il lunedì, il mercoledì e il venerdì. Inviamo una comunicazione e diamo un appuntamento, in tre giorni facciamo tutto. È un iter molto semplice, non servono né arte né scienza”.

Sulla possibilità di una ‘quarantena indefinita’ e delle paure dei medici, Cosenza dice che “il primo giorno utile la persona viene chiamata a fare il tampone. Sono sorpreso”.

Cosa dice la normativa regionale. La delibera di giunta numero 475 datata 11 maggio, al punto 6, prevede che, in caso di un risultato positivo al sierologico, il direttore sanitario del laboratorio  “comunichi al cittadino con esito positivo la necessità di contattare il numero telefonico di riferimento aziendale per il Covid-19 per fissare il luogo ed il momento nel quale recarsi, con le necessarie protezioni, presso le strutture aziendali per eseguire il tampone” e, soprattutto, indica al cittadino “di porsi da subito in isolamento fiduciario a domicilio in attesa dell’appuntamento per l’esecuzione del tampone che verrà eseguito a carico del Servizio Sanitario Regionale”.

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