Attualità
3 Aprile 2020
Viale K prosegue le attività di mensa e dormitorio. Don Bedin: "Vita a contatto di gomito per portare insieme il peso delle paure"

La quarantena vista dai più fragili 

Don Domenico Bedin
di Redazione | 4 min

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È stata fissata per il 27 maggio l'udienza predibattimentale del processo per omissione di soccorso a carico di Alberto Dallari, il 69enne medico (oggi in pensione) di Reggio Emilia, che aveva preso in cura domiciliare Mauro Gallerani, 68enne di Corporeno colpito dal Covid-19 e poi deceduto dopo un mese di ricovero ospedaliero

Una crisi economica e sociale che colpisce tutti, indistintamente, pesantemente, inesorabilmente. Ma l’emergenza coronavirus si abbatte con maggior forza sulle categorie più a rischio, sulle persone più fragili, su chi non ha i mezzi per sostenere la quarantena. Io resto a casa, ma se la casa non ce l’ho? In loro soccorso c’è, oggi come allora, l’associazione Viale K. Ed è proprio il presidente don Domenico Bedin a riflettere sulle attività in questi tempi senza precedenti. Di seguito il testo integrale:

Mantenere la posizione! È il motto che ha ispirato fino ad ora la nostra associazione nel tempo del coronavirus. Mentre un po’ tutti hanno chiuso i battenti o adoperano modalità remote di lavoro usando gli strumenti della rete noi siamo lì quotidianamente a contatto con le persone che hanno bisogno di mangiare, dormire, lavarsi… cose che è difficile fare da lontano.

L’altro giorno sono stato in un ufficio statale per una pratica improrogabile. Un impiegato con mascherina ha socchiuso il portone, ha sporto il braccio prendendomi dalle mani la pratica con i guanti e poi mi ha detto di attendere fuori (faceva un freddo cane) dopo dieci minuti mi ha riconsegnato la pratica sempre con la stessa modalità e sempre allo stesso modo ha ricevuto gli altri utenti. Questo sì che si chiama usare le precauzioni.

A mezzogiorno davanti la mensa della Rivana si dispongono più o meno un metro l’uno dall’altro circa una quarantina di persone in attesa del pranzo. Uno o due chiedono di fare la doccia, un altro vorrebbe qualche vestito, altri desiderano mascherine o prodotti per l’igiene personale. Pochi hanno la mascherina ed è difficile distanziarli: stanno a gruppetti, tra connazionali o tra amici.

Alle 12.30 si comincia a far entrare cinque alla volta le persone nel cortile e uno alla volta si invitano a lavare bene le mani, poi si possono mettere in fila per ritirare il vassoio e sedersi a tavola. Abbiamo diradato le sedie e così stanno un metro e più distanziati tra loro. Si capisce che sono modalità molto fragili e che possono essere spesso disattese dagli ospiti ma si continua a fare il servizio e anche le paure dei volontari vengono superate sia con le solite precauzioni e portandone insieme il peso. Per quel che è possibile continua la raccolta quotidiana dei prodotti alimentari per la mensa nei supermercati e la distribuzione settimanale dei viveri.

Anche il dormitorio è aperto ed ospita circa 20 persone. Ma tutto diventa complicato e faticoso da quando le persone non possono star in giro durante la giornata e ci è stato chiesto di trattenerle in casa tutto il giorno. Il dormitorio non è adatto a fare vita comunitaria diurna: gli spazi sono ridotti e le persone erano abituate alla vita libera e in piena autonomia e alcuni hanno delle dipendenze. Il responsabile ha aperto la cucina e si fanno i turni, si mangia insieme e si fanno le pulizie… è una vita a contatto di gomito. Ma miracolosamente ognuno dimostra responsabilità e tolleranza. Stanno creando un piccolo orto!

Così sta operando anche l’Associazione Filippo Franceschi e la Nadia.

Poi ci sono le comunità residenziali. Gli operatori sono presenti quotidianamente, in una addirittura vi abitano e fanno continuare le azioni solite di lavoro e di vita comunitaria vigilando sulla salute e le uscite degli ospiti che devono essere motivate e verificate. Anche il laboratorio della lavorazione della plastica e dei tappi che coinvolge degli ex detenuti e altre persone fragili continua con prudenza la sua attività.

Anche il servizio ai bagni pubblici di Kennedy o di piazza municipale (Nadia) continuano la loro attività. È molto difficile gestire soprattutto i bagni perché comportano contatti ravvicinati e l’igienizzazione costante delle docce… spesso con la fila che attende non sempre rispettosa.

Al centro di tutto questo c’è l’ufficio che è restato sempre aperto e che riceve le persone per i colloqui sia per l’ingresso nelle varie strutture (purtroppo ormai già al completo) o per le necessità più disparate. Si cerca di dare sicurezza a persone che, essendo esposte, non sanno o non possono trovare soluzioni con i propri mezzi. Spesso vengono inviate dai servizi sociali contattati semplicemente per telefono. Ci sentiamo limitati e poco efficaci riguardo a soluzioni strutturate ma intanto teniamo la posizione.

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