(archivio)
Nella provincia di Ferrara le ore di cassa integrazione richieste dalle aziende a febbraio è salito, rispetto allo stesso mese del 2019, di ben 186.555 ore. E tutto questo prima che fosse deciso il lockdown, il piano di chiusure e ammortizzatori sociali per evitare l’espandersi dell’epidemia di coronavirus, i cui effetti,“saranno chiari solo nelle prossime settimane” in tutta la regione, al punto che, come evidenzia Luigi Giove, segretario generale della Cgil Emilia-Romagna, “a marzo vedremo, letteralmente, un’esplosione della Cig che probabilmente non avrà paragoni nella storia italiana e regionale”.
Il dato ferrarese non non è affatto un numero solitario nel panorama regionale, indice di una situazione di sofferenza che già era iniziata prima dell’esplosione dell’epidemia, anche a causa di quel che accadeva in Cina.
A febbraio – evidenzia una nota del sindacato – il ricorso alla Cassa integrazione ordinaria (Cigo), a quella straordinaria (Cigs) e a quella in deroga (Cigd) è stato pari 3.460.427 ore (2.564.599 ore per quanto riguarda gli operai; 895.828 ore gli impiegati) con un aumento dell’85,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (1.592.558 ore in più). Nel dettaglio, le ore di Cigo sono state 2.109.906, più che raddoppiate quindi rispetto alle 986.300 del 2019 (+113,9%, rispetto a un aumento nazionale del 28,1%), mentre le ore di Cigs ammontano a 1.350.521, in aumento rispetto alle 881.467 dell’anno precedente (+53,2%, concentrato nelle ore di Riorganizzazione e crisi, contro il – 20% registrato a livello nazionale).
“Si tratta di un aumento importante ma non inatteso, il proseguo di un trend di decelerazione già in atto in questa regione e segnalato anche nell’ultimo Osservatorio OEL di Ires Emilia-Romagna”, spiega Paride Amanti, della segreteria della Cgil Emilia-Romagna. Le ragioni di questa impennata sono dovute alla congiuntura internazionale, alla flessione di questi scambi, alle politiche dei dazi Usa, al rallentamento dell’economia tedesca e in parte per l’effetto lockdown cinese, che a febbraio ha messo molto in difficoltà le filiere strettamente legate alle materie prime, ai lavorati e semi lavorati cinesi. In questo contesto economico si inserisce anche l’Emilia-Romagna, “la cui capacità di stare sul mercato globale è stato il punto di forza nell’uscire prima e meglio degli altri dalla crisi, ma che in una fase di contrazione del mercato globale rappresenta anche un forte rischio”, aggiunge Amanti.
Un trend precedente all’emergenza Covid-19, che sta portando alla chiusura delle attività di molte realtà produttive in tutto il Paese. “È importante che il Governo garantisca tutte le risorse che servono – afferma Giove -. Ed è importante che la Regione si prepari al confronto serrato con le parti sociali non appena il picco dell’emergenza sarà superato. Per ripartire servirà non perdere neanche un minuto – continua Giove -, fare gli investimenti giusti, tutelare i posti di lavoro e spingere sull’acceleratore perché al grande blocco di queste settimane si risponda con una spinta abbastanza forte da riportarci a galla in fretta. Il Tavolo del Patto per il lavoro continuerà ad essere il luogo in cui questo può accadere”.
Questi i dati a livello territoriale (rispetto allo stesso periodo del 2019):
Bologna +401.022 ore
Ferrara +186.555 ore
Forlì-Cesena +230.785 ore
Modena +478.290 ore
Parma +125.071 ore
Piacenza -241.166 ore
Ravenna +168.121 ore
Reggio Emilia +163.928 ore
Rimini +79.952 ore
A livello settoriale (settore contributivo INPS) le ore totali autorizzate sono state:
– 2.771.811 nell’industria (erano 1.590.212 nello stesso periodo del 2019)
– 477.398 nell’edilizia (erano 276.326)
– 211.218 nel commercio (erano 1.331)
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