Bondeno
22 Gennaio 2020
Serata sul tema con gli agricoltori a Bondeno. A rischio un bacino emiliano che da solo produce il 70% delle pere nazionali

Dalla cimice asiatica alla maculatura bruna, i rischi per la sopravvivenza della frutticoltura

di Redazione | 3 min

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Bondeno. Esiste un settore che vale il 70% della produzione di pere nazionale, ma che deve fare i conti con una serie di problemi che, se non affrontati con urgenza, rischiano di mettere al tappeto un comparto d’eccellenza.

Come spiegare, altrimenti, l’ammanco di oltre 155milioni di euro (di danni alla produzione) dell’ultima stagione agricola della pera, che ha vissuto il terribile incrocio costituito dalla cimice asiatica, dalla maculatura bruna e di altri patogeni, favoriti probabilmente da un mese di maggio che è sembrato invernale. Al resto hanno pensato fortunali e grandine. Mentre il danno economico globale è stato di 267 milioni e 413 mila euro, mettendo a rischio la sopravvivenza di aziende e dei circa 1800 posti di lavoro.

I problemi del settore? Non sono soltanto i patogeni, per i quali vengono limitate le molecole disponibili, «esiste un problema di ordine culturale, perché le imprese agricole vengono indicate come inquinanti ed impattanti, anziché come le custodi del nostro territorio, dove l’agricoltura è un settore vitale», apre il dibattito il sindaco Fabio Bergamini.

In pinacoteca civica ci sono oltre cinquanta agricoltori iscritti a tutte le sigle di categoria: Confagricoltura (presenti il presidente della sezione Frutticola, Albano Bergami, ed il direttore Paolo Cavalcoli), Coldiretti, Unima (con il presidente Michele Pedriali), Cia (presente Leonardo Bentivoglio) e Terre Matildee. Albano Bergami parla delle difficoltà del settore, che ha registrato perdite inimmaginabili e che arranca in termini di esportazioni: «I tempi medi per un dossier, che serve per superare le barriere fitosanitarie dei paesi esteri, sono di 7-8 anni. Succede poi che si punti sul mercato sbagliato, come successo per gli Usa – rivela Bergami –. Ora siamo in dirittura d’arrivo per il dossier necessario ad arrivare in Cina, dove sono già presenti Belgio e Olanda».

Ma i problemi sono anche quelli del costo del lavoro, che incide per circa il 70% sulle impresa: un addetto costa 11 euro l’ora in Italia, 7 euro l’ora in Spagna, 1 euro l’ora in Marocco. Il resto della questione è costituita dalla scarsa percezione dei problemi del mondo agricolo da parte delle Istituzioni: «L’introduzione di un’antagonista della cimice asiatica come la “vespa samurai”, che la ricerca ha indicato come efficace – sottolinea Bergami – produrrà effetti in 3-4 anni, ma mancano ancora linee guida per la sua introduzione da parte del Ministero. Sulla maculatura, sono preoccupato dopo la riduzione delle molecole disponibili. Chiamare gli agro-farmaci “pesticidi” è un modo per preoccupare l’opinione pubblica».

Le aziende agricole attendono anche il ristoro promesso per i danni subiti e la sospensione dei mutui sulla quale Ministero ed Abi non si sono ancora messi d’accordo. Le armi a disposizione dei produttori del settore primario rimangono gli interventi sulle reti anti-grandine, con reti a maglie strette che impediscano l’introduzione dei patogeni, e l’assicurazione dei loro beni. Gianluigi Zucchi (presidente del Consorzio Fitosanitario) ribadisce che quella ferrarese è la provincia con il più alto valore di beni assicurati, ma ricorda nel contempo le anomalie del sistema: «possiamo assicurare una produzione, come il pomodoro o la pera, ma non gli effetti in generale della cimice asiatica. E’ importante, invece, avere strumenti assicurativi che siano all’altezza delle mutate esigenze».

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