Eventi e cultura
8 Dicembre 2019
Tre creazioni in due serate per scoprire la nuova generazione di coreografi italiani

Al Teatro Comunale di Ferrara torna la giovane danza d’autore

di Redazione | 3 min

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di Federica Pezzoli

Anche quest’anno il Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara ha dato spazio alla giovane danza d’autore con le due serate di Fuoristrada, il 5 e il 6 dicembre, che ha portato sulle tavole del palcoscenico estense le nuove proposte di compagnie emergenti.

Un lavoro frutto di una rete di collaborazioni fra realtà della scena italiana, prima fra tutte quella con il Network Anticorpi XL.

Non solo una vetrina, ma un lavoro “importante” e di lungo respiro, giunto al suo quattordicesimo anno, un “rischio” e una sfida per i performer e per la formazione dello sguardo degli spettatori, di cui il direttore artistico Marino Pedroni è molto orgoglioso, anche perchè i risultati “cominciano a vedersi, come dimostrano i nomi ferraresi sulle locandine qui fuori” ormai riconosciuti a livello non solo nazionale: il Collettivo Cinetico guidato da Francesca Pennini (in cartellone per la danza il 12 dicembre) e Nicola Galli, protagonista della prima serata di Fuoristrada con “Deserto digitale”, vincitore del “Premio Equilibrio” – Fondazione Musica per Roma.

Anche Nicola ha fatto parte della tribù cinetica di Francesca Pennini, ma da tempo porta avanti una ricerca autoriale autonoma ed è oramai una consolidata certezza nel panorama performativo italiano: nel 2017 ha firmato la creazione “De rerum natura” con i danzatori del Balletto di Toscana Junior, nel 2018 per il Museo MUSE di Trento ha creato la performance interattiva “Genoma scenico” e ha vinto il premio “Danza & Danza” come miglior coreografo emergente, nel 2019 ha vinto il premio nazionale “Sfera d’Oro per la danza”.

A Ferrara ha portato il frutto del suo lavoro di ricerca sul percorso sperimentale del compositore Edgard Varèse, che fonde orchestra e nastro magnetico: il suo lavoro “dischiude diversi universi, è come se ci fossero diversi episodi che si mischiano, è un’essenza in continuo movimento”, ha spiegato Nicola Galli – che non è solo interprete, ma anche regista, coregorafo, autore dei video e dei costumi della performance – nell’incontro con il pubblico al termine della serata. La sfida, ha continuato Galli, è stata “trasformare la musica in qualcosa che potesse essere visto e vissuto dallo spettatore, che potesse risuonare nello spettatore: restituire la matericità del suono di Varèse”.

Il risultato di questa trasformazione visiva è un rituale multisensoriale dalla regia complessa, che incrocia linguaggi ed evoca diverse suggestioni in una scena anch’essa in costante cortocircuito, tra prospettiva rinascimentale, reticolo digitale e teatro anatomico. Tutto parte dalla domanda “Se ti dico la parola deserto, cosa vedono i tuoi occhi?” e mano a mano corpi, voce, suono e immagine, evocano non più un deserto sconfinato, ma un magma vegetale, animale e umano fecondo di vita. Il deserto diventa allora quell’orizzonte, quella forbice, dove confrontarsi con le proprie esperienze ed emozioni e con i propri fantasmi.

Della seconda serata sono stati protagonisti Maria Vittoria Feltre, Nicola Simone Cisternino e Luca Zanni con “Doyouwannajudgeme”, e Cristina Kristal Rizzo e Giuseppe Vincent Giampino con “Virtual²”.

“Doyouwannajudgeme” traduce sulla scena i ‘frammenti coreografici’ derivati da un’analisi visiva del “Giudizio universale” di Michelangelo Buonarroti. I tre performer hanno lavorato sulla duplicazione, moltiplicazione e variazione dello sguardo e di frames della partitura coreografica, condividendo lo spazio scenico fra loro e con altrettanti avatar in movimento su uno schermo. L’obiettivo è non solo indagare le molteplici possibilità di fruizione di un’opera d’arte, ma anche esplorare le differenti risposte emotive a una performance in presenza o trasmessa in video.

“Virtual²” su musiche di Schwefelgelb e Domenico Scarlatti, che ha chiuso la serata, è un lavoro sul linguaggio della danza in termini corporei, un muoversi comune senza inquadrare i corpi in termini formali, sottometterli a una scrittura coreografica, mettendoli invece in relazione attraverso un rapporto creativo e performativo che sembra mettersi in moto sotto gli occhi dello spettatore: le differenze e le similitudini descrivono l’individualità come conseguenza di una interazione.

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