Spettacoli
14 Novembre 2019
Nuovo appuntamento del cartellone di danza del Comunale in trasferta in Pinacoteca

La pittura estense incarnata dal Collettivo Cinetico

di Redazione | 2 min

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di Federica Pezzoli

Continuano le contaminazioni fra arti del Collettivo Cinetico, che porta la danza nei luoghi d’arte e cultura di Ferrara, ormai divenuta la loro base stabile. Dopo Palazzo Schifanoia, con “Serie di vuoti”, e il Meis, con “Everything that will be is already there”, il gruppo guidato da Francesca Pennini è tornato a Palazzo Diamanti – dove era già stato in giugno con “Bestie Pallide” – e nell’ambito della stagione di danza del Teatro Claudio Abbado ha presentato alla Pinacoteca Nazionale di Ferrara, per un numero limitato di spettatori, lo spettacolo site-specific “#Incarnato. 496 years of stillness” (in più repliche mercoledì 13, venerdì 15 e sabato 16 novembre).

La performance, che riflette sulla presenza e sul farsi immagine del corpo, ha come protagonisti dell’azione e della creazione Teodora Grano, Carmine Parise, Angelo Pedroni e Francesca Pennini, accompagnati dalla musica dal vivo eseguita da Davide Finotti al pianoforte e dal baritono Luca Giorgini.

Dopo essere passati attraverso il buio, gli spettatori osservano i performers con sguardo anatomico, come sotto un microscopio, e da un’apparente immobilità in un silenzio artefatto, assiste al risveglio e al germogliare dei loro corpi sulle note di Franz Schubert. Mano a mano il gesto si trasforma in danza, in linguaggio codificato, e la fisicità dell’iconologia cinquecentesca si incarna nel pulsare vivo dei corpi dei performers.

“Quel che importa più ritrasse dal vivo el naturale ogni minuzia, come quelli che conosceva la dritta essere imitare e osservare il naturale”, scriveva Vasari a proposito della pittura di Garofalo. Dall’osservazione e dall’imitazione del reale alla carne tangibile e viceversa, un omaggio e una sfida al Polittico Costabili a 496 anni dalla sua nascita: immobile da allora in un coraggioso atto di resistenza performativa.

Riconoscibili i tratti distintivi del lavoro della tribù cinetica: l’attenzione al corpo e alla presenza del performer; il linguaggio coreografico e la regia precisi e cesellati, come in un esperimento scientifico; la ricerca sul rapporto, non solo visivo, fra pubblico e danzatori, sulla condivisione dello spazio-tempo e sulla reciproca influenza dei corpi e dei soggetti durante questa condivisione.

Diversamente da quello cui il Collettivo ci ha abituati però, in questa danza-rito che si dipana sotto la pala d’altare di Garofalo e di Dosso, il potere dello spettatore si dispiega al principio e nel finale, nel mentre la performance è un moto autonomo e lo sguardo del performer va oltre e a noi non rimane che contemplare la loro opera come faremmo con una pittura.

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