Attualità
10 Novembre 2019
Seconda edizione del Migrantour: un viaggio tra i più importanti luoghi di interesse culturale della città

Cidas accompagna i migranti alla scoperta di Ferrara

di Redazione | 5 min

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di Lorenzo De Cinque

È stata una tiepida mattina soleggiata ad aver contraddistinto la seconda edizione di Migrantour Experience Ferrara 2019, evento collegato alla rete europea Migrantour e organizzato dalla Cooperativa sociale Cidas. L’iniziativa è stata configurata come un tour molto particolare e originale all’interno della città di Ferrara che ha toccato alcuni tra i più importanti luoghi di interesse culturale.

Se è vero che gli occhi sono una forma di conoscenza tanto preziosa quanto soggettiva, questa volta protagonisti sono stati gli sguardi, le storie e le sensazioni di cittadini stranieri o comunque persone con una esperienza di migrazione che vivono nella città estense.

“L’attività – spiega Stefania Andreotti, addetta stampa di Cidas – ha avuto come obiettivo l’inclusione e l’integrazione sociale che, tra l’altro, ha portato anche a nuove conoscenze e ad uno scambio di esperienze che per noi è una cosa importantissima”.

Ma questo non è stato un semplice tour turistico perché, come afferma Erika Vannini, referente della cooperativa, “è stato un momento di conoscenza della nostra città su punti significativi che hanno segnato la storia personale di queste persone, tutto con occhi diversi”.

L’itinerario, infatti, è stato il frutto di un percorso laboratoriale svoltosi da settembre a fine ottobre e tutto, come racconta Lucrezia Aurienti, facilitatrice del laboratorio di Migrantour, “è iniziato con una semplice domanda che ha scaturito da subito in tutti le prime riflessioni e suggestioni: “Se dico Ferrara, cosa vi viene in mente?”. Da qui, si è passati subito alla visita della città, alla scelta dei luoghi e infine alla costituzione di una mappa, realizzata dai ragazzi dell’Università di Ferrara.

Un grande apporto è stato sicuramente dato da Maria Chiara Ronchi, guida turistica di Itinerando, la quale ha portato i ragazzi a concepire come “l’appartenenza ai luoghi passa attraverso la conoscenza”. Ed è proprio da un passo di Bassani, tratto dalle “Cinque storie ferraresi”, che questo viaggio, breve ma intenso, ha avuto inizio.

La prima tappa è stata la Certosa di Ferrara che, considerato che sia un cimitero monumentale, avrebbe potuto rappresentare un inizio alquanto lugubre, invece Guy Dongmo, mediatore culturale, ha presentato un’interessante riflessione su come la morte di un defunto, nel suo Paese d’origine, il Camerun, sia “un momento di festa perché l’anima ritorna vicino agli antenati e diventa eterna”. Per lui, la Certosa ha rappresentato “il fulcro e il punto di incontro di culture diverse e lontane fra loro”. Per Umarou, rifugiato accolto da Cidas, i mattoncini insieme alla struttura del cimitero gli hanno riportato alla mente la basilica più importante del suo Paese, la Costa D’Avorio.

Percorrendo Corso Ercole I d’Este, invece, la riflessione sulle mura, tratto caratteristico di Ferrara, è sorta spontanea. Per Abou, altro rifugiato accolto da Cidas, le mura hanno rappresentato “un’esperienza piacevole per le numerose aree verdi” che, invece, nella sua città non erano quasi per niente presenti.

Ma la storia della città ha attraversato anche un periodo buio, quello fascista, di cui il Liceo Ariosto rimane un monito fondamentale. Leonardo, del Laboratorio antirazzista di UniFe, ha spiegato a tutti come, dopo varie ricerche, è riuscito a tracciare l’immagine di “una scuola che non ha mai aderito fin in fondo al regime”. Nel 1938, con l’emanazione delle Leggi razziali, alcuni studenti e docenti, tra cui insegnanti di Bassani, erano stati espulsi in quanto ebrei. La scuola non ha mai voluto dimenticare quest’episodio e ha piantato nel suo cortile 25 ulivi in ricordo delle persone espulse e una magnolia, simbolo delle leggi razziali del tempo. Questa, una tappa significativa resa possibile anche grazie alla collaborazione con Maria Chiara Martorana, docente del Liceo Ariosto.

Altra tappa fondamentale è stato il Museo Civico di Storia Naturale che, per Abou, ha rappresentato un momento emozionante, soprattutto per quanto riguarda la visione di fossili e rocce poiché nel suo Paese “sono presenti solo musei sulle tribù, gli antenati e il colonialismo”.

La passeggiata, poi, è proseguita fino in piazza Trento e Trieste dove Mamadou, altro rifugiato della Guinea, ha messo in luce il restauro controverso dell’ex Palazzo della Ragione, andato a fuoco perché “probabilmente conteneva documenti compromettenti”. Nonostante questo, però, rimane “un luogo di aggregazione che sento vicino perché somiglia molto ad uno del mio Paese”.

Altro punto di vista molto interessante è stato quello di Michelangelo, studente fuori sede di UniFe proveniente da Canosa di Puglia, che è rimasto affascinato da via San Romano poiché “conduce da un luogo caotico come piazza Travaglio fino ad accoglierti in centro, rappresentando quindi come una sorta di transizione tra due dimensioni opposte”.

Ma le storie di migrazioni caratterizzano anche e soprattutto la storia delle famiglie ed è proprio quello che ha scoperto Camilla, studentessa di UniFe, la quale, raccontando alla nonna la posizione della sua nuova casa a Ferrara vicino alla sede della Cgil, ha scoperto una storia di famiglia legata a quei luoghi. In particolare, la nonna “nel 1947 era una bracciante e in quel periodo erano numerosi gli scioperi dei lavoratori, i quali combattevano per evitare una monopolizzazione delle terre”.

A completamento del percorso, anche l’intervento di Manuela Fantoni, segretaria provinciale Spi-Cgil, che ha ribadito come “bisogna tenere sempre presente, soprattutto tra le nuove generazioni, che i diritti conquistati non sono dati una volta per tutte ma che deve esserci un costante impegno nel difenderli”.

Una mattinata fuori dagli schemi, con una Ferrara mai vista sotto certi punti di vista e che ha regalato a molti storie, sensazioni e riflessioni legate tra loro dal filo dell’inclusione e dell’integrazione.

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