Lettere al Direttore
4 Novembre 2019

Il 4 novembre, l’ultima carica

di Redazione | 4 min

In occasione delle manifestazioni del 4 Novembre inviamo questo racconto in memoria di tutti i caduti di tutti i conflitti, con questo scritto partecipiamo alle Commemorazioni.

In Ricordo dei nostri Nonni…

L’ULTIMA CARICA.

Al mio paese, giù nella bassa, facevo il contadino, lavoravo la terra, sì, certo non mia, quella del padrone.

I campi però li tenevo bene, li tenevo come fossero miei.

Quel giorno vidi due carabinieri in mezzo al campo, sembravano puntini neri nel giallo del grano.

Venivano verso di me sventolando una busta, i loro baffoni si muovevano ad ogni verso che facevano .

Erano ordini!!!

Erano ordini in italiano, ma non uguale al mio.

Non feci troppo caso ai modi, tanto da sempre noi contadini della bassa eravamo abituati a prenderli, gli ordini.

Feci caso però alla busta sventagliata come un premio, o meglio come un randello.

Capii… IL RE aveva bisogno di ME!

Mi chiamo Francesco, sono appoggiato con la schiena al terrapieno della trincea con il mio schioppo in mano, l’acqua mi scende dall’elmetto e cade sul naso, bagna la bocca, il mento e se ne scivola sulla coperta fradicia che ho addosso.

Fango e pioggia, tosse e pidocchi, questi i compagni sicuri di tutto questo tempo.

Si, perché di quegli amici con cui ho fatto il primo viaggio in treno della mia vita, il viaggio che ci ha portato fino a qui, sono rimasto solo io.

Ho un male da morire.

Da quattro anni sono qui con i piedi nel fango.

Per tanto che io provi a spiegarvi il dolore che sento… Voi che oggi state con i piedi all’asciutto, nelle vostre case calde, nemmeno ve lo potete immaginare il male che provo.

Schiena appoggiata alla malta, acqua che scende, inzuppa, ghiaccia.

Ho una divisa ormai lisa, sdrucita, andata.

Pensate che il giorno in cui son partito mi sentivo bellissimo: il caldo del nostro sole, umido e bollente, grilli e cicale pareva mi cantassero la MARCIA REALE.

Panno grigioverde, sudore, abbracci, baci, coraggio.

Mi sentivo io il Re!

Ora sono qui, andremo alla carica, dicono che in questi cupi giorni di novembre possa essere l’ultima, dicono che a pochi passi di fronte a noi I TOGNINI siano messi peggio di noi.

Dicono che hanno tanta fame, almeno quella noi ne abbiamo patita, ma non tanta.

Nella stessa trincea nostra, un po’ più in là, ci stanno pure gli americani, quelli sì che sono vestiti bene, mangiano bene, dicono che diano da mangiare bene anche ai neri, ma non li trattano tanto bene, quello l’ho visto io e poi li mandano sempre all’attacco avanti agli altri, sempre per primi.

Ecco!

Mammamia!

C’è anche il Generale, dal fondo del budello arriva.

Allora se c’è lui sarà veramente l’ultima carica…

Pacche sulle spalle, sorrisi, complimenti, incoraggiamenti, ci rassetta il bavero.

Questo si che è un uomo.

Sta con noi, anche se non è uguale a noi.

Non sono più i tempi del Generale Cadorna, adesso sono i tempi di Diaz.

Eccolo davanti a me, mi sfiora mi guarda, forse no, odora di sigaro toscano e alito di rosolio, collo di pelliccia, passa.

Ci siamo! È il momento.

Il tenente è qui, fianco a fianco, piange, piange e prega.

Pistola, fischietto, preghiere, senza elmetto, gambe che tremano, questo è oggi il mio tenente.

Senza elmetto, anche noi soldati non lo avevamo, poi i francesi ce li diedero.

Mi giro, stacco la schiena, acqua giù per il collo, brividi, sguardo fuori dalla trincea, fango, buche, filo spinato, fuochi fatui, ancora fango.

Primi giorni di un buio novembre.

Pioggia, bestemmie, fragori, nasi rossi, mani aggrappate ai sacchi di sabbia.

La BURDA È LÌ AD ASPETTARCI.

PRONTI !

Fuori le baionette, PAURA, piedi sul primo gradino……FIIIIIIIIIIIII !

Ecco il fischio, tutti fuoriiiiiii, tutti alla caricaaaaaaaa!!!

I tedeschi sono lì, mitraglia e fucile, fuoco, fuoco, urla e paura!

Sono lì per noi, per questa nostra carica.

L’ultima.

In un modo o nell’altro sarà davvero, per ognuno di noi, L’ULTIMA.

Gruppo 10 Giugno Copparo

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