(articolo modificato dopo la pubblicazione iniziale)
Si è concluso con un patteggiamento a un anno e nove mesi il processo a carico di A.B., operaio 51enne di Autostrade per l’Italia, alla sbarra per omicidio stradale per la morte di Rosetta Ramaglia, 43 anni, schiacciata sotto un camion dopo un tamponamento con il mezzo di manutenzione, avvenuto il 2 marzo del 2018 al km 41 dell’A13.
La pena è stata sospesa e l’imputato beneficia della non menzione nel casellario giudiziario.
L’operaio tamponò la Nissan Pajero sulla quale viaggiava la donna, spinta sotto al camion che aveva davanti. La macchina si accartocciò su se stessa e l’autista rimase schiacciata tra le lamiere, senza scampo.
L’esito processuale ha gettato nello sconforto la famiglia della vittima che, tramite il proprio avvocato, ha deciso di rendere pubblico il proprio disappunto. “La famiglia esprime forte disappunto perché l’autista non farà nemmeno un giorno di affidamento in prova ai servizi sociali – spiega il legale Dario Sutera del Foro di Bologna -. Una pena considerata eccessivamente lieve, o comunque inadeguata per difetto, perché una condanna superiore ai due anni avrebbe consentito all’imputato di accedere ai servizi sociali e quindi svolgere attività socialmente rilevanti per redimersi coi fatti”.
A sconcertare la famiglia è stato il fatto che l’imputato non si è presentato alle due udienze preliminari. Nella prima, la richiesta di patteggiamento è stata rigettata dal gup del tribunale di Ferrara mentre la seconda è stata accolta. L’avvocato ha presentato la richiesta di ricorrere alla Cassazione alla procura di Ferrara e alla procura generale ma entrambe hanno rigettato il ricorso.
La vicenda può dirsi quindi conclusa dal punto di vista penale. Ma non umano perché i familiari di Rosetta Ramaglia, medico veterinario dell’Asl 1 Dolomiti di Belluno, in servizio a Feltre, sentono di non aver ottenuto giustizia e di non aver ricevuto una giusta risposta da parte dello Stato.
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