Economia e Lavoro
10 Settembre 2019
A Ferrara 539 ricercatori precari. Tito Russo: “C’è un blocco esclusivamente politico”. I sindacati raccolgono le istanze per presentare ricorso

Precariato e ricerca, Flc-Cgil punta alla Corte di Giustizia Europea

di Redazione | 3 min

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di Cecilia Gallotta

Da una parte gli assegnisti, dall’altra gli RtdA. Un doppio schieramento che in comune ha una cosa: il precariato nel mondo della ricerca. Ma ad accomunare le due categorie di ricercatori c’è anche il nobile obiettivo che Flc-Cgil si è prefissato con due vertenze, esposte durante l’assemblea pubblica di lunedì pomeriggio presso il centro ricreativo Acquedotto.

Per gli Rtda (i ricercatori a tempo determinato di tipo A, che rispetto al tipo B non vedono neanche da lontano la possibilità del passaggio a professore associato) il sindacato punta alla stabilizzazione diretta: “Se hai un contratto di tre anni, che siano in essere, conclusi, oppure il cosiddetto 3 + 2” illustra Tito Russo della Flc-Cgil nazionale, “hai diritto a fare ricorso ai sensi della sentenza del Tar del Lazio”.

Analogo percorso per quanto riguarda gli assegnisti, per i quali però, “a metterci a faccia – come afferma Francesco Americo – è Flc Cgil”, che depositerà il ricorso tramite un’azione collettiva degli assegnisti, che possono compilare un apposito form e inviarlo a restiamoincontratto@flcgil.it, iscrivendosi al sindacato e inviando un’istanza con richiesta di stabilizzazione al proprio Ateneo. Dopo 30 giorni l’Ateneo è tenuto a rispondere, e in caso di risposta negativa, prende avvio il ricorso, e la causa degli assegnisti verrà portata in Corte di Giustizia.

“Per gli assegnisti in particolare – spiega Russo – esiste la circolare 3 del 2008 che li esclude dal partecipare a concorsi dell’Ateneo, a differenza di quelli che presso gli enti pubblici di ricerca lo possono fare, e questa è una discriminazione incredibile, frutto di un abuso della forma dell’assegno di ricerca, di cui l’obiettivo ultimo, sarà il superamento”. Il riflesso di uno specchio che a Ferrara vede 539 ricercatori precari contro 533 strutturati: un andamento in linea, se non addirittura inferiore, al resto dell’Italia, che registra il 58% di ricercatori precari rispetto agli assunti a tempo indeterminato.

Lo scetticismo da parte di un pubblico che viene da un decennio in cui la parola ‘ricerca’ è stata sempre più accostata al precariato, è comprensibile, soprattutto al pensiero “del tempo che ci vorrà”: ma il sindacato guarda ad un disegno più ampio.

“Il diniego degli Atenei che risponderanno negativamente alle richieste di stabilizzazioni ci servirà per dimostrare alla Corte di Giustizia Europea che in Italia non abbiamo un sistema in grado di stabilizzare – prosegue Russo – a differenza di tanti altri paesi leader in questo. C’è un blocco che deriva esclusivamente dalla politica, perché le casse di tutti gli Atenei italiani hanno qualcosa come 8 miliardi, ma manca una politica che attui finanziamenti a favore della ricerca. E solo un miliardo e mezzo non è che il taglio avvenuto dopo la Gelmini, col quale si potrebbero ristabilire 20 mila unità”.

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