Cologna. Si riempie alla spicciolata, puntuale alle quattro del pomeriggio di mercoledì, la chiesa di Cologna. Si riempie di circa 250 persone accomunate da un dolore composto per l’ultimo saluto a Cinzia Fusi, la 34enne uccisa il 24 agosto dal suo compagno, Saverio Cervellati, nel garage del negozio nel quale lavorava e di proprietà del reo confesso omicida.
Gli amici e i conoscenti di Cinzia Fusi si raggruppano in una sorta di abbraccio lungo il perimetro del sagrato della chiesa in attesa dell’arrivo della salma, prima di salutare i familiari e di disporsi dietro la bara. Da loro si fermano anche i Carabinieri — “siate forti, noi siamo qui”, sussurrano — e i sindaci di Copparo e Riva del Po, che hanno partecipato in veste ufficiale portando in chiesa i gonfaloni, per un abbraccio.
Da lì in poi tocca a don Francesco Pio Morcavallo, parroco di Berra, officiare la cerimonia. Nella sua omelia parla di “controsenso” ma anche di “pentimento”, o almeno della possibilità che il carnefice possa aprirsi a tale strada. “La violenza è causa di sofferenza ed è frutto dell’allontanamento da Dio. Il Signore non vuole questo, ci ha creato per amore, per il Paradiso. Ma nella nostra vita terrena possiamo scegliere il male, e lo scegliamo tante volte”, esordisce il sacerdote nella sua omelia, ricordando tuttavia che “il Signore non è distante in questi momenti di sofferenza” e che anzi “questa violenza non è la parola definitiva sulla nostra esistenza” anche se “l’umanità è in errore perché ha scelto deliberatamente di allontanarsi da Cristo, di vivere nell’egoismo, di vivere un amore malato” quando invece “Dio non vuole il possesso, non vuole spadroneggiare sulle persone”.
Per don Morcavallo, che con i familiari si fa portavoce dell’affetto del vescovo — “siete in cima alle sue preghiere”, spiega — questo ennesimo femminicidio è di fatto un controsenso, perché non si può trovare la morte cercando l’amore. “Purtroppo”, dice, “noi siamo assetati d’amore e tante volte nella nostra ricerca ci abbandoniamo in amori che non sono veri. In questa ricerca Cinzia ci ha rimesso la vita. Nessuna forma di violenza è tollerabile, e oggi siamo chiamati a contemplare cosa significa vivere un amore vero e cosa significa viverne uno falso. Se viviamo un amore vero nulla può strapparci alla gioia”.
Infine — mentre familiari e amici della vittima si abbandonano al pudore con i primi quasi immobili e i secondi, quasi nascosti in una navata esterna, tengono in mano un fiore bianco che appoggeranno sulla bara al termine della funzione — il don rimarca comunque il credo della Chiesa nella salvezza. “Il figlio di Dio è sceso dal cielo per cercare noi ed è addirittura morto per noi sulla croce, per farci capire quanto è grande l’amore di Dio”, spiega, e per questo si rivolge indirettamente proprio a Cervellati: “Che gli si apra il cuore al pentimento e alla richiesta di perdono”. Ora però, “come comunità”, sono tutti chiamati a rimanere vicino ai familiari di Cinzia Fusi.
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