Spettacoli
17 Aprile 2019
Il comico si presenta sul palco in biancazzurro per il quarto capitolo della saga su Molière

Un anarchico Paolo Rossi con la maglia della Spal al Comunale

di Redazione | 3 min

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Torna nella ‘sua’ Ferrara il piccolo grande comico Paolo Rossi, in scena al Teatro Claudio Abbado fino a giovedì 18 aprile con il suo nuovo spettacolo su Molière, di cui è non solo interprete ma anche autore e regista.

Nelle note di regia, Rossi chiarisce subito che “Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles” è il racconto di un sogno fatto di speranze, parole, musiche e risate, tutte citazioni e suggestioni nate dormendo una notte in teatro, che le leggende vogliono animarsi di notte di tutti i grandi attori e i personaggi che hanno calcato le scene.

E se chi sogna è Paolo Rossi non esiste trama, ma solo improvvisazione. Quell’arte solo apparentemente anarchica, che impone invece un rigorosissimo ascolto dei colleghi in scena, per cogliere ogni possibile spunto su cui improvvisare.

Un “teatro all’improvviso”, dunque, che serve da catarsi più agli attori che al pubblico, per uscire da una profonda crisi che stanno attraversando al giorno d’oggi. Perché recitare, si chiede Rossi accompagnato dall’immancabile chitarrista e spalla Emanuele Dell’Aquila, quando “ormai là fuori politici, giornalisti, ospiti di talk show lo fanno tutti molto meglio”? Meglio improvvisare.

E proprio sulle doti di improvvisazione Rossi mette alla prova i giovani attori candidati a far parte della compagnia con cui vorrebbe partire alla conquista di Versailles, dove lavorava Molière, anche lui costretto a confrontarsi con una corte nella quale regna un’amorfa mediocrità dominata da fini egoistici.

Il risultato è uno spettacolo con grande ritmo, dalla scrittura quasi jazzistica: c’è un testo ben preciso, ma ogni sera c’è la possibilità di modificare qualcosa a seconda di ciò che succede in scena e delle reazioni del pubblico. Nel frattempo in scena fa la sua apparizione uno strano enigmatico personaggio (Chiara Tomei), di bianco vestito, che canta e ammalia, finché in romanesco non rivela la sua vera identità e il motivo per il quale si aggira fra i personaggi-attori di questa compagnia in itinere.

Bravissimi i giovani candidati commedianti, Renato Avallone, Marianna Folli, Marco Ripoldi, Francesca Astrei, Caterina Gabanella. Ecco dunque ciascuno dar prova di sé: il seduttore improbabile di Renato Avallone e l’equilibrista stralunato Marco Ripoldi, in bilico sul filo di una immaginaria fune stesa per terra, la nonna dalle movenze sgangherate di Marianna Folli, che poi si trasforma nella perfetta moglie bresciana timorata di Dio, la dottoressa implacabile di Caterina Gabanella e l’attrice con la fobia del pubblico di Francesca Astrei.

A guidare tutti, come un re della Corte dei miracoli, Paolo Rossi: un po’ Totò, un po’ Charlot, un po’ maschera della commedia dell’arte, un po’ stand-up comedian, rompe – con tanto di rumore di vetri infranti – la quarta parete con la sua indiscutibile presenza scenica.

Apprezzatissimo dal pubblico in sala il suo omaggio a Ferrara: sfoggiando la maglietta della Spal si dichiara schizofrenico, calcisticamente parlando, fra la squadra estense e l’Inter. Un vero capocomico, fino in fondo, come il suo maestro Molière, come dimostra il fatto che quando la sua compagnia gli chiede quanto verranno pagati lui, senza scomporsi, dichiara che il suo è un teatro surreale dove è necessario essere in grado di “vedere anche ciò che non c’è”.

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