Attualità
10 Marzo 2019
La neo-presidente Rebecca Bottoni racconta il passaggio del testimone e gli obiettivi per il futuro del festival

Da Cinecittà a Ferrara, solo per i Buskers

di Redazione | 3 min

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Rebecca Bottoni

di Cecilia Gallotta

Gli studi cinematografici della capitale non sono riusciti a suscitare lo stesso fascino del Ferrara Buskers Festival per Rebecca Bottoni, neo-presidente dell’omonima associazione dopo il passaggio di testimone da parte del papà Stefano. Dopo nove mesi a Roma, ha infatti deciso di seguire il suono della musica di strada del festival più longevo di Ferrara, che da trentadue anni porta nelle estati della città estense colori e magia da tutto il mondo.

Che cosa ti ha portato nel giro di un anno a rassegnare le dimissioni e poi, per contro, a diventare presidente?

Dovevo fare una scelta di vita. L’esperienza a Roma mi ha portato a lavorare con personaggi del calibro di Paolo Sorrentino, e per la serie tv ‘Il Miracolo’ di Niccolò Ammaniti. Ero nel settore casting. Quindi non potevo fare tutt’e due le cose: o rimanevo a Roma, o tornavo a Ferrara. E il festival, beh, è tutta la mia vita. Ci sono troppo legata… Diciamo che ho questa ‘fissa’.

Quanto pesa il rapporto con tuo padre in questa vicenda?

Mio padre non verrà sostituito, lui rimane nella direzione artistica, saremo una doppia squadra. Non c’è una divisione, anzi: ci saranno quattro occhi invece di due. E’ proprio l’ambiente creativo che vorrei far proliferare. E poi ho respirato il festival fin da bambina. Ora sto studiando la sua storia, quella che ha fatto mio padre, e voglio riprendere dalle origini. Da ciò che lo ha fatto diventare così. Per questo voglio farmi affiancare da professionisti, ma anche da tutti coloro che del festival hanno qualcosa da dire. Mi sono resa conto, dalle manifestazioni d’affetto avute sui social, che ognuno ha un proprio aneddoto riguardante i Buskers, sparso per questi trentadue anni. Poi è normale che nelle associazioni culturali ci sia un cambio generazionale, e anche di ruoli. Ma ho degli obiettivi molto alti per questa manifestazione.

Sono quindi in programma modifiche o novità al festival? Ce le puoi anticipare?

Vorrei rimettere la musica al centro del festival, e creare eventi non solo serali, ma legati a tutto l’arco della giornata, cosicchè anche chi esce di casa a qualsiasi ora del giorno, turista o ferrarese, possa esserne coinvolto. Siamo in collaborazione con l’Università La Sapienza, che fa ricerca sui festival culturali. E l’idea è comunque quella di coinvolgere più realtà possibili, dai licei, alle guide turistiche. Tutto questo ovviamente non sarà possibile subito, perché la prossima edizione ormai è già praticamente ultimata.

Verranno recuperate le serate al Buskers Garden nel sottomura, che lo scorso anno sono state annullate?

Non sono state annullate, sono solo cambiate. Questo festival coinvolge talmente tante realtà, cose e persone che a volte non può esserci solo un ‘si fa’ o ‘non si fa’. Le serate al Buskers Garden hanno causato non pochi disturbi ai residenti della zona, e ci sono costi non solo economici. Comunque, posso solo dire che un ‘dopo festival’ ci sarà.

Cosa rispondi a chi dice che il festival non è più lo stesso?

Dopo 32 anni, in agosto abbiamo avuto 2 milioni di visualizzazioni. Ovviamente bisogna studiarle, capirle, entrare in contatto col pubblico e capire cosa vuole, sempre. Ma le emozioni che vivevo da piccola, i primi anni di festival, forse nel tempo sono state date per scontate. Voglio riprenderle, tornare alla formula vincente: il mio target sono i festival europei e mondiali, e il mio obiettivo è che i musicisti da Edimburgo dicano che non possono rinunciare a venire a Ferrara per i Buskers.

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