Foto di Massimo Battista
di Federica Pezzoli
Vito Cosmaj, capo di una piccola azienda farmaceutica in difficoltà, ha ideato una pillola che permette di stare svegli 24 ore al giorno. In origine The illusionist, questo “coadiuvante della veglia” finisce per chiamarsi Delusionist: madornale malinteso nato sullo scarsissimo inglese del capo, ora difetto d’origine di una campagna pubblicitaria destinata all’insuccesso. Come inventarsi una strategia di marketing vincente per pubblicizzare un prodotto che, per il ‘naming’ sbagliato, è già perdente in partenza? Come trasformare una cosa naturale come il sonno in una potenziale patologia?
È il punto di partenza di “Delusionist”, commedia nera scritta a quattro mani da Natalino Balasso e Marta Dalla Via, andata in scena sabato sera al Teatro Nuovo di Ferrara.
Quasi due ore di caustica comicità, uno spettacolo di satira, in cui sotto i riflettori sono finite la continua smania di performance, la necessità quasi nevrotica di essere sempre accesi e connessi, ormai imperanti nella nostra società. Un bizzarro, cinico, intelligente divertissement che mescola metateatro – perché si riflette sul teatro come unico luogo che ancora richiede un’immaginazione non nutrita da immagini preconfezionate – nozioni di semiotica e marketing, fra i massimi guru della comunicazione – da Slavoj Zizek a Mark Zuckerberg, a Marshall McLuhan – con tanto di insegne luminose che sottolineano i concetti chiave, da brainstorming a storytelling, e una catena irresistibile di gag – impagabili i tipi esaminati ai provini per la campagna pubblicitaria.
Una raffinata drammaturgia comica, che intreccia diversi piani narrativi e linguaggi, che forse non tutti si sarebbero aspettati e che forse non tutti hanno compreso, per uno “spettacolo contro la disponibilità sociale a orario continuo”, nel quale si esamina e si narra l’habitus di stare svegli senza essere desti, dell’essere sempre presenti a tutti eppure non esistere.
Balasso alterna personaggi spassosi con il suo accento veneto a monologhi di critica sociale. Marta Dalla Via offre una recitazione più costruita e dà sfoggio della sua capacità di interpretare diversi personaggi in poco tempo.
Come The Illusionist è diventato Delusionist, quello che dovrebbe essere l’elogio di una produttività umana senza fine e senza soste lascia spazio all’elogio del riposo, del sonno e del sogno, “l’unica zona ancora inaccessibile al capitalismo”, indisponibile alla profilazione, che ormai mette a nudo ogni parte della nostra vita, esponendola a spot e pubblicità basate sui nostri gusti, interessi e comportamenti. E a sua volta diventa elogio del teatro, visto come sogno che può superare la bruttezza del mondo e regalarci spazi di libertà a occhi aperti.
Il prezzo da pagare per soddisfare l’esigenza della performance a tutti i costi, della onnipresenza e della disponibilità verso un mondo in cui tutti sembrano essere spettatori di tutti è l’immaginazione. Ecco allora che interviene in teatro, che mette a nudo, ma per suscitare un pensiero in quella “cosetta tonda” che sta sopra il nostro collo. Sta a chi guarda far sì che il teatro avvenga, salvaguardando la capacità stessa di evocare luoghi e contesti; sta a chi guarda osservare a fondo la dimensione ridicola e inverosimile di quel reale e svelarne l’inganno.
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