Lettere al Direttore
9 Febbraio 2019

Il “treno della vergogna”

di Redazione | 3 min

Ore 12 di un triste e nevoso 18 febbraio 1947. Un convoglio arriva alla stazione di Boloogna. E’ un treno merci trasformato a trasporto passeggeri buttando paglia sul pavimento. E’ carico di esuli italiani costretti ad abbandonare le loro terre di Istria e Dalmazia, le loro abitazioni, tutti i loro averi. La Pontificia Opera di Assistenza e la Croce Rossa Italiana sono pronte ad accogliere con pasti caldi quei disgraziati, intere famiglie con tanti bambini anche neonati e anziani sfiniti. Ma quel treno non si fermerà mai alla stazione. Sindacalist i della CGIL e iscritti al PC diramano l’avviso che se i profughi si fossero fermati per ristorarsi, si sarebbe indetto uno sciopero che avrebbe paralizzato lo scalo. Nel frattempo giovani che sventolavano bandiere rosse cominciarono a lanciare sassi e sputi, arrivando addirittura a buttare sulle rotaie il latte caldo destinato ai bambini in grave stato di disidratazione e il cibo nella spazzatura.

Il “ treno dei fascisti “ ripartì. Per gli italiaini di Pola e Fiume solo odio.

Dall’Unita di quei giorni : “ non riusciremo mai a considerarli aventi diritto d’asilo……. non hanno diritto a rubarci pane e spazio……” . Questi ignobili parole furono pronunciate dai nonni e dai padri di coloro che sono pronti ad aprire le porte a tutti gli immigrati del mondo, paladini della tolleranza e dell’accoglienza verso lo straniero considerato un fratello.

Gli unici profughi rigettati dalla sinistra con inaudita violenza erano italiani in terra italiana.

Ma quali colpe avevano questi poveretti se non quella di avere osato abbandonare il “ paradiso comunista “ ? Era meglio farli passare per “ relitti repubblichini….. che sfuggono al giusto castigo della giustizia popolare jugoslava “ , come ebbe a scrivere Togliatti avvalorando una gigantesca menzogna con accuse infamanti. In realtà ad abbandonare la propria terra fu un’intera popolazione indipendentemente dal ceto e dalle simpatie poliitiche. Pola ad esempio era una città operaia che aveva visto la presenza di migliaia di partigiani italiani combattere conro i tedeschi. Eppure anche la stragrande maggioranza di questi prese parte all’esodo. Disinformazione e strumentalizzazione furono in quegli anni i migliori alleati per coprire gli orrori che si erano perpetrati sul confine orientale, e che non potevano essere ignorati dai dirigenti apicali del Partito Comunista , ma direi da quasi tutti i partiti, sinistra e non.

Il “TRENO DELLA VERGOGNA” è li a testimoniare uno dei tanti atti inqualificabili perpetrati ai danni di nostri connazionali.

Mi sono spesso chiesta se qualcuno di quei “ gentiluomini “ abbia mai provato un senso di vergogna per quel’attacco vile e violento contro persone inermi. Cristianamente me lo auguro ma la realtà impietosa di questi giorni che vede perfino associazioni coinvolte in tesi negazioniste sulle stragi titine e le vittime delle foibe, mi fa ammettere che in questo Paese la memoria funzioni a fasi alterne e che decenni di silenzio totale abbiano portato tanti smemorati, ottusi e faziosi, a convincersi che siano tutte invenzioni di chissà quale propaganda reazionaria. In realtà l’orrore si compì e fu confinato al regno dell’oblio per interi decenni, finchè agli inizi degli anni novanta finalmente un Presidente della Repubblica si recò in pellegrinaggio alla Foiba di Basovizza e, in ginocchio, chiese perdono per questo ignobile tentativo di cancellare la storia.

Fiorenza Bignozzi

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