Purtroppo, Tom Wolfe, giornalista e scrittore statunitense, è morto l’anno scorso. Fosse ancora al mondo gli spedirei copia degli articoli riguardanti la progettata violenza comunale al Palazzo dei Diamanti per occupare uno spazio verde interno con nuove costruzioni. In questa Ferrara, nota per l’Addizione Erculea che con garbo urbanistico dilatò la città, c’è chi, con insolente ossimoro, prova ad attribuire ad una “nuova addizione” la riduzione di un prezioso giardino.
Per far capire che aria tira da queste parti, allegherei pure le foto di precedenti scempi realizzati con l’acquiescenza di Comune e Belle Arti.
Il risibile rispetto conferito ad un tratto posticcio di cinta muraria, che ha comportato la spietata annichilazione di un chiosco e della sua utilissima attività, fa da contraltare all’erezione del bunker distante 10 metri dal Baluardo di San Lorenzo e delle villette post moderne di forme non euclidee in viale degli Angeli, a ridosso di autentiche mura estensi. L’oltraggio urbanistico elevato a sistema.
Perché ricordare Tom Wolfe? Perché era un saggista, autore di best seller mondiali fra cui “From Bauhaus to our house” – pubblicato in Italia col titolo “Maledetti architetti” – furiosamente contestato dagli architetti, perciò lettura obbligata per i dubbiosi sul loro valore. Perché fu lui, fra tante azzeccate disamine sociali, a coniare ‘radical chic’, l’espressione indicante gli autoreferenziali progressisti, regolarmente di vita agiata ma ostentanti ideologie di sinistra.
‘Radical chic’ qui calza benissimo a chi pretende, con lo stessa presunzione di ritenere possibile che modesti politicanti possano riciclarsi in manager culturali, di trasformare un modesto e inadeguato piano terra in luogo acconcio ad importanti mostre d’arte. Chi non ha mai visto le mostre di Palazzo Strozzi a Firenze, di Palazzo Grassi a Venezia, di Palazzo Zabarella a Padova, di Palazzo Albergati a Bologna?, dappertutto si utilizzano interi nobili palazzi, non i loro sottoscala!
È sceso in difesa del progettato sopruso anche l’Ordine degli Architetti con una dichiarazione davvero interessante: oltre ad attribuire suprema autorevolezza alla categoria (grossolanamente immodesti, ma ancora giustificabili), inciampano nella pretesa di assegnare alla folla di 2.000 partecipanti, a vario titolo, alla gara comunale la valenza di quel numero. Dimenticando che i grandi numeri non è detto corrispondano a virtù (su 1.250 professori universitari chiamati a giurare fedeltà al fascismo se ne astennero meno di 20). Quel 2.000 ingenuamente ostentato, invece, è significativo di una gran fame di lavoro. E lascia supporre che se fosse emesso un bando di gara comunale per ‘riqualificare’ la facciata del Palazzo dei Diamanti inserendo lucine LED nelle cuspidi del bugnato, un’altra folla di specialisti correrebbe a presentare ‘illuminate’ proposte gradite al Committente.
Sì, da noi, di Tom Wolfe ce ne vorrebbe uno per ogni campanile.
Paolo Giardini