Politica
10 Gennaio 2019
Bonaccini impugna le parti che "generano conflitto e confusione". Calvano: "Battaglia di civiltà e giustizia, abbiamo colto nel segno"

Decreto sicurezza, il Pd sostiene il ricorso alla Corte costituzionale

Paolo Calvano
di Redazione | 3 min

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Paolo Calvano

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“Una legge cattiva può essere contrastata e, nel caso, cambiata, ma non disapplicata”. La Regione non ‘disobbedisce’ al Decreto sicurezza ma presenta ricorso alla Corte costituzionale e ottiene il sostegno del Partito Democratico che si dice in prima linea in questa “battaglia di civiltà e giustizia“.

Il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, ha infatti deciso di ricorrere alla Consulta per verificare i “profili di costituzionalità della legge che, come tutte le leggi, va naturalmente applicata ma per fortuna in questo Paese esiste un organismo di garanzia”.

A parlare è lo stesso Bonaccini, al termine della seduta di giunta durante la quale è maturata la scelta di rivolgersi alla Corte costituzionale , “impugnando non l’intero decreto, ma le norme che più direttamente riguardano le Regioni e i Comuni e che stanno generando conflitto e confusione“.

Il ricorso – che ha messo sull’attenti Lega, Movimento 5 Stelle e Forza Italia – “ha e avrà il sostegno di tutto il Pd in questa battaglia di civiltà e giustizia” interviene il segretario regionale ‘dem’ Paolo Calvano, secondo cui “Bonaccini ha fatto bene a impugnare il decreto con l’obiettivo di tutelare la salute pubblica e evitare ingorghi burocratici perché, così facendo, ha anteposto il bene degli emiliano-romagnoli a ogni altro ragionamento”.

Anzi, c’è di più: “L’agitazione di Lega, M5S e FI dimostra che abbiamo colto nel segno – assicura Calvano -. Se fossero così sicuri del loro operato per questo sedicente decreto ‘sicurezza’ non dovrebbero temere il pronunciamento della Corte costituzionale. Così come se questo decreto aumentasse davvero la sicurezza, non dovrebbero certo spaventarsi dell’allarme che sempre più sindaci stanno lanciando”.

“C’è una protesta contro il Governo che sta progressivamente montando dal basso e Lega e 5 Stelle vogliono soffocarla nella culla mettendo il bavaglio ai sindaci, ai presidenti di Regione e a chiunque denunci gli effetti controproducenti di questo decreto – attacca il segretario Pd -. Non ce la faranno perché non ci facciamo spaventare dai loro proclami e dalle loro minacce. Chiediamo anzi, a proposito di sicurezza, che fine abbiano fatto i soldi per le periferie e contro il degrado urbano che hanno tagliato. È ora di restituirli ai Comuni”.

Motivo di stupore, secondo il rappresentante ‘dem’, è “l’atteggiamento egli esponenti di Forza Italia che si pongono nell’inedita posizione di sostenere un Governo di cui non fanno parte, donando inutile sangue alla Lega, e trascurare invece quel mondo moderato che un tempo pure riuscivano a rappresentare”.

Posizioni politiche a parte, “stiamo esaminando gli effetti che determina il potenziale conflitto tra norme vecchie ma non abolite e nuove disposizioni, ad esempio in materia di iscrizione all’anagrafe e residenza – riprende Bonaccini -. Il caos legislativo e la contrapposizione tra Stato e Comuni non sono certo la premessa né per il buon funzionamento dell’accoglienza, né per accrescere la sicurezza delle comunità”.

La sanità, per fare un esempio, è competenza regionale e “assicurare a tutte le persone il diritto ad accedere alle prestazioni sanitarie è compito nostro: lo dico nell’interesse di tutta la comunità, perché assicurare ai singoli le cure necessarie non è solo un diritto primario dei singoli, ma anche una garanzia di salute per l’intera comunità in cui vivono” ribadisce il presidente della Regione ricordando come l’Emilia Romagna sia stata la prima a imporre l’obbligo vaccinale: “C’è quindi in gioco qualcosa che va oltre il sacrosanto diritto da parte di chiunque a ricevere le cure necessarie in caso di urgenza, diritto che non si può rischiare di mettere in discussione”.

“Stiamo quindi vagliando nel concreto tutte le contraddizioni che si determinano nell’applicazione della legge, riprendendo peraltro i rilievi che già avevamo sollevato nel momento del confronto e di cui, mi pare, non si sia tenuto adeguato conto” si toglie un sassolino dalla scarpa, ribadendo le sue motivazioni: “Abbiamo scelto di adire alla Corte costituzionale non per portare su un altro terreno la battaglia politica, ma per dirimere la questione nella sede propria”.

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