Cento
17 Dicembre 2018
Si è concluso il ciclo di incontri formativi organizzati dal Comune di Cento, in collaborazione con la Regione

Sentinelle della Legalità, la mafia si sconfigge restando insieme

di Redazione | 3 min

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Cento. Si è concluso il ciclo di incontri formativi organizzati dal Comune di Cento, in collaborazione con la Regione, nell’ambito del progetto ‘Sentinelle della Legalità e della Buona Economia’.

Tre appuntamenti volti a sottolineare l’importanza di declinare il termine ‘legalità’ nel contesto delle economie e del governo dei territori e di valorizzare il ruolo della buona amministrazione e dell’economia nella propensione al rispetto delle regole, nella difesa dei diritti individuali e collettivi, nella esaltazione dei valori sanciti dalla Costituzione.

La proposta formativa era accreditata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna, degli Ingegneri, dei Commercialisti, degli Architetti e dei Notai: una settantina, di media, i professionisti partecipanti a ciascun pomeriggio di lavoro.

I tre momenti sono stati condotti da Stefania Pellegrini, professore associato in Sociologia del Diritto presso la Scuola di Giurisprudenza – Dipartimento di Scienza Giuridiche dell’Università di Bologna, e direttore del Master di II livello in Gestione e riutilizzo di beni e aziende confiscati alle mafie Pio La Torre, presso l’Alma Mater Studiorum.

«Il progetto – spiega la docente – si propone di aumentare la consapevolezza all’interno della comunità fornendo elementi di conoscenza della criminalità organizzata e di come essa agisce. Si è trattato di incontri concatenati l’un l’altro: hanno dimostrato come sia importante la rete. Come ebbe a dire don Ciotti ‘l’antimafia non è un viaggio per viaggiatori solitari’: è fondamentale connettersi, fare rete e approfondire seriamente le tematiche, unendo un approccio intellettivo alla dimensione emotiva di questo impegno, che deve comunque essere basato su formazione, consapevolezza, notizie certe, per affrontare un percorso molto serio».

Innovativa la formula che ha visto la presenza di una “testimonianza” autorevole e dedicata al tema specifico dei singoli incontri: Gaetano Saffioni, imprenditore e testimone di giustizia, Beatrice Fonti, consigliere dell’Ordine degli Ingegneri di Modena e presidente del gruppo antimafia del comitato unito professioni, e Simmaco Perillo, uno dei protagonisti dei movimenti anticamorra, presidente della cooperativa ‘Al di là dei sogni’ di Sessa Aurunca in provincia di Caserta, che gestisce terreni confiscati alla mafia sui quali abitano e lavorano persone appartenenti a “fasce deboli”.

«Una modalità sperimentale e interessante – ha rimarcato Stefania Pellegrini -: all’approfondimento scientifico e teorico della tematica si è affiancata una testimonianza diretta del fenomeno analizzato».

Un cammino, dunque. «Abbiamo iniziato col descrivere la criminalità organizzata a nord, che ha un carattere economico,  investe e si propone come servizio agli imprenditori, e l’importanza che gli imprenditori reagiscano e si rendano conto del ruolo sociale di tutela del bene della collettività. Saffioti ha voluto spezzare la catena dell’omertà legata alla paura: dopo anni di vessazioni ha denunciato i suoi estortori ed è divenuto testimone di giustizia, continuando a far capire l’importanza di questo percorso, cercando di trascinare gli imprenditori e non fuggendo, ma rimanendo sul territorio. Si è poi passati a un’altra caratteristica. La zona grigia, la forza della mafia che sta fuori dalla mafia: i professionisti che vi si prestano e agiscono per ragioni di convenienza».

«Nel processo Aemilia sono emersi molti casi di professionisti che si sono venduti. Fonti è fondatrice e animatrice della Carta Etica di Modena che punta all’approccio etico e alla responsabilizzazione etica delle professioni attraverso regole che coinvolgono anche gli Ordini. Ci siamo infine chiesti come sia possibile il ricatto. Dopo aver parlato di ciò che non funziona abbiamo inteso parlare anche di ciò che funziona, del bello: delle emozioni legate all’antimafia, come nel caso di Perillo e dei beni confiscati alla mafia che si vanno a saldare con il recupero degli svantaggiati attraverso la dignità del lavoro. L’importanza di aggredire i patrimoni mafiosi e ridarli alla collettività per dimostrare che cambiare si può».

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