Caro Direttore,
sembra sfuggire al Signor Bergamini, autore della lettera Il Beato Carlo e il “malefico nemico ereditario”, che il Kaiser Karl I asseriva il vero. Il Regno d’Italia fu sempre il Nemico, lo dimostrano le contrapposte fortezze di fine ‘800 sul confine italo-austriaco, in non lieve contrasto con la Triplice Alleanza. Un ruolo naturale: dopo l’epoca napoleonica, l’unico Stato dell’Europa Occidentale dedito alle sole guerre aggressive fu il Regno di Sardegna, poi ingranditosi a spese altrui nell’altrettanto bellicoso Regno d’Italia. Che andò in Eritrea, Somalia, Libia e Dodecanneso a palesarsi in vili attacchi prodromi del voltafaccia del 1915, effettuato guarda caso dopo le batoste subite dall’esercito austro-ungarico uscito dimezzato dai primi scontri con Russia e Serbia.
Con la capziosa pretesa di un’unità nazionale inventata da intellettuali salottieri, il Re d’Italia farà costringere centinaia di migliaia di coscritti (poveri cristi, tanti dei quali non parlavano l’italiano) ad attaccare sul Carso inespugnabili reticolati, assicurando alla maggioranza di quei disgraziati morte certa e atroci sofferenze. Finita la I Guerra Mondiale, sostituì il capo di governo in carica con uno molto più disinibito. Così gli incontri ravvicinati non-umanitari in Etiopia, Spagna e Albania furono il preludio a più sportive performances nella II Guerra Mondiale, correndo ancora in aiuto al vincitore del momento (nazista) contro Francia, Inghilterra, Grecia, Jugoslavia, Russia, Stati Uniti. Buscandole. O meglio, facendole buscare, come d’uso, ai sudditi richiamati e mandati al macello.
Chi fu il demiurgo dello sprofondamento delle forze armate nell’abisso profondo, fra il 25 luglio e l’8 settembre 1943? Il minuscolo Re d’Italia al vertice dell’esercito, ovviamente. Ma gli spietati nazisti non gradivano affatto i rozzi raggiri stoltamente orditi insieme al Badoglio nuovo capo di governo. Da qui l’infinità di inenarrabili tragedie della guerra civile e, retaggio dell’idiozia di immonde leggi razziali, la piena partecipazione dell’Italia all’Olocausto.
Bisogna perciò convenire che “malefico nemico ereditario” è tutto sommato un complimento, e con valenza ampliata rispetto a quella considerata a Vienna, visto che coinvolgeva i sudditi italiani. Ma probabilmente Karl I non se ne rendeva conto, dato che lasciava diventare se stesso il nemico ereditario del suo popolo multietnico, affamandolo spietatamente. Per distribuire il rancio via via più irrisorio alle truppe, le continue requisizioni nelle campagne mal coltivate per assenza di addetti superarono già nel 1917 il limite fisiologico, oltre il quale la carestia nel territorio diventa endemica e ci si avvia a morire in massa d’inedia.
È così che l’impero austro-ungarico si estinse, inevitabilmente e irreversibilmente, incapace di resistere ad avversari esterni e agli esasperati nuovi nemici interni, frantumandosi da entità sovranazionale multietnica in ininfluenti Stati litigiosi, cause di moltiplicati problemi internazionali.
Il tentennante Karl I, assurto al trono giusto in tempo per fermare un rovinoso rotolare (pagando un costo che sarebbe stato conveniente con qualsiasi prezzo), per carenza di saggezza mancò all’appuntamento con la Storia. Pure la sua esperienza di comandante del XX corpo d’armata nella fallita ‘strafexpedition’ del 1916, confrontata con la modalità vincente imposta dai tedeschi a Caporetto, non gli giovò: lui regnante, le offensive progettate con gli errori soliti dissanguarono inutilmente l’esercito affamato nelle battaglie del solstizio e del Piave. Per questo sembra molto strano che l’inettitudine in posizioni di altissima responsabilità, dove scelte improvvide danno conseguenze tragiche, abbia poca o nulla rilevanza in una causa di beatificazione.
Paolo Giardini