Eventi e cultura
6 Dicembre 2018
Una raccolta di racconti per ripercorrere "Quei giorni del maggio" che cambiarono la storia italiana

Autori a Corte rivive la rivoluzione del Sessantotto

di Redazione | 3 min

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Il secondo appuntamento dell’edizione natalizia di “Autori a Corte”, in programma venerdì 7 dicembre alle 17.30 all’istituto di Storia Contemporanea di Ferrara, sarà dedicato alla presentazione del libro “’68 Quei giorni del Maggio” (Danilo Montanari Editore) a cura di Ivano Artioli. Ospiti, oltre allo stesso Artioli, gli autori Massimo Cobianchi e Sergio Gnudi per una raccolta di racconti a cinquant’anni dal “movimento” che ha cambiato la nostra storia.

Sono 23 in tutto gli autori dei vari racconti. La regola seguita è stata quella del rispetto degli eventi che si sono dipanati da gennaio a dicembre 1968, passando per il maggio francese. Storie brevi: un momento, un giorno, massimo una settimana.

Si va dal ferrarese campione di basket in città e studente a Bologna nel giorno della pesante rissa fascisti-compagni del 16 gennaio, agli studenti a Milano che per S’Ambroeus, alla Prima della Scala con il giovane talentuoso Claudio Abbado che dirigeva il Don Carlos, accolsero la ricchezza opulente al lancio di uova marce e mandarini.

Il Sessantotto ebbe nel maggio francese il suo momento di esplosione. La televisione ne diede una grande enfasi: barricate e macchine incendiate e pugni chiusi e gendarmerie. Fu una porta che si spalancò e l’attraversarono giovani della generazione nata a guerra finita. Si sentivano uguali tra di loro, senza più frontiere. E sapevano comunicarsela quest’uguaglianza, con il francese amabilissimo e garbato e con l’inglese, a partire da quello delle voci e chitarre dei Beatles, gli scarafaggi di Liverpool, e delle voci e chitarre dei Rolling Stones, le pietre rotolanti.

“Fu contestazione, innovazione nel cinema, nelle ardite forme architettoniche, nella musica, nel linguaggio, nella filosofia con la Scuola di Francoforte, nel leaderismo – spiegano gli autori -: ci piaceva Kennedy e venne ucciso; anche Luther King ci piaceva e venne ucciso; ci piaceva il Che e i suoi compañeros e venne ucciso. Vennero uccisi. Leader che diventeranno icone. Icone che diventeranno poster nelle case degli operai e studenti, uniti nella lotta. Marx diceva che non ci poteva essere alcun dialogo con il capitalismo. Serviva la Lotta di Classe. Sarebbe scoppiata nei paesi maggiormente avanzati e molti pensarono che l’Italia fosse pronta”.

“Keynes, invece, aveva scritto dello Stato imprenditore e venne studiato nelle nostre università (Bologna, Modena, Ferrara…). Venne messa in pratica l’economia della partecipazione – ricordano -. Erano gli anni della vittoria del Welfare State sul libero mercato e sull’economia di Stato: punti di eccellenza per le municipalità furono gli assessori ai servizi sociali, come nei paesi scandinavi socialmente avanzati. Il sindacato non fu solo contro: fu partecipativo per un interesse generale che era di tutti i lavoratori, donne e uomini senza più distinzione di genere. Era il primato della Politica, ovvero della lotta politica accettata dalle parti all’interno di una polis sempre più estesa, senza confini”.

“Tutto facile? No. Tutto difficile! Difficilissimo e luttuoso. Il Sessantotto fu anche l’anno dei continui scontri di piazza tra neri e rossi, con la polizia che non si risparmiava e non ti risparmiava un “educativo interessamento”” commentano gli autori prima di citare l’Avvelenata: “Ma s’io avessi previsto tutto questo, dati, causa e pretesto, le attuali conclusioni, credete che per questi quattro soldi, questa gloria da stronzi, avrei scritto canzoni…”. Era Guccini che dopo analisi, riferimenti, assonanze, concludeva con “forse farei lo stesso””.

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