Mesola
4 Dicembre 2018
Il matrimonio amministrativo tra i due Comuni non ha convinto soprattutto i goresi, che hanno sbattuto la porta al progetto. Viviani al lavoro: "Inevitabile chiedere un contributo maggiore al mondo della pesca, i servizi sono a rischio". Padovani: "Da loro segnale inequivocabile"

Rigettata la fusione con Mesola, per Goro tempi di lacrime e sangue?

di Redazione | 3 min

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di Giuseppe Malatesta

Goro, Mesola. Preoccupazione, più che rassegnazione, nelle considerazioni dei sindaci di Goro e Mesola, all’indomani di una chiara bocciatura del progetto di fusione che avrebbe voluto un matrimonio amministrativo tra due comunità che si pensavano molto più simili di quanto ci raccontino i risultati del referendum.

Diego Viviani e Gianni Padovani lo avevano sottolineato più volte nel corso della campagna referendaria: “Si tratta di una fusione amministrativa”, ben consci dello spirito campanilista che anima soprattutto la comunità di Goro. Proprio dalla comunità di Viviani il No è più che mai fragoroso e convinto, quasi unanime e supportato da un’affluenza (65%) che gli attribuisce il carattere di un voto molto rappresentativo.

Non accade lo stesso a Mesola, comunità che ha in generale raccolto meno l’invito al voto (l’affluenza non arriva al 30 per cento) e che ha espresso un No molto più tiepido, affievolito nel dato finale dal convinto Sì di Bosco Mesola, la popolosa frazione culturalmente, economicamente e socialmente più affine a Goro che a Mesola. “Vero” commenta il loro sindaco Padovani circa questo aspetto. Fosse dipeso dai ‘boscaroli’ insomma, la fusione si sarebbe fatta eccome.

Goro invece sbatte la porta – e la chiude pure a doppia mandata –  rispedendo al mittente una proposta percepita come una perdita di quell’autonomia duramente conquistata 56 anni fa proprio da Mesola.

“Quella di Goro è stata una scelta molto forte, un segnale inequivocabile” nota Padovani da Mesola. “Chiara e palese è la volontà di rimanere ciascuno nel proprio Comune, ciascuno con le proprie identità: lo accettiamo tranquillamente, come abbiamo sempre detto”. Non stupisce più di tanto il dato sull’affluenza mesolana, “in linea con il trend nazionale e locale quando si è trattato di tornate referendarie, che purtroppo conferma la tendenza ad allontanarsi dalle scelte politiche, un dato che ci deve far riflettere e ci deve spingere a capire quale soluzioni adottare per coinvolgere la nostra gente da quel punto di vista”.

Ben presto per i mesolani sarà tempo di una nuova importante tornata elettorale, quella che andrà a rinnovare il consiglio comunale e ad eleggere il nuovo sindaco. Padovani concluderà nei prossimi mesi il suo primo mandato quinquennale, e nulla gli impedirà di candidarsi ancora alla guida del Comune, una volta rimpolpata la maggioranza ormai persa in Consiglio.

Poco più in là, Goro non avrà il pensiero di scegliere un nuovo primo cittadino – con Diego Viviani che continuerà a traghettare il Comune teoricamente per altri tre anni – ma non potrà permettersi di dormire sonni tranquilli. Ancora un sacrificio sarà richiesto agli operatori della pesca, che già sopperiscono alle magre casse comunali e ad una situazione finanziaria per nulla brillante dell’ente con un contributo volontario raccolto dalle cooperative ittiche di appartenenza. La fusione per Goro era, più che per tutti gli altri, se non l’ultima spiaggia, quantomeno la penultima.

“Adesso bisognerà mettersi a lavorare, rimboccarsi le maniche per cercare una strada alternativa da seguire per risolvere i nostri problemi. Ciò vuol dire mettere al sicuro servizi che io ritengo essenziali per la nostra comunità e che non possiamo permetterci di perdere” dice Viviani, riferendosi a servizi per l’infanzia (asilo nido, trasporto scolastico) ma anche alla realtà del ponte di barche di Gorino.

Lacrime e sangue? “Credo che sicuramente bisognerà incrementare il contributo che viene dal mondo della pesca. Presto incontrerò le cooperative e ne discuteremo. Inoltre penso di incaricare in tempi brevi consulenti economici e legali che possano aiutarci a disciplinare il contributo stesso, regolamentandolo e mettendolo al riparo dal punto di vista legale”. A rincuorare Viviani, che non può che prendere atto della sconfitta del Sì, è la risposta in termini di partecipazione della sua comunità: “Sicuramente prendere decisioni consci di quello che pensa la maggior parte della popolazione è più facile”.

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