Ci risiamo. Come tutti gli anni arriva il 25 novembre “giornata mondiale contro la violenza sulle donne”, con i suoi inutili cortei e scarpette rosse e tanta ipocrisia. Niente è cambiato dagli anni passati, anzi… semmai è peggiorato, sì perché hai voglia a parlare di lotta contro la violenza sulle donne, quando un tribunale del Riesame non riconosce lo stupro di gruppo, ma parla di abusi commessi singolarmente (caso Desirèe). Oppure quando un uomo viene assolto dall’accusa di stupro perché lei indossava un tanga di pizzo (Irlanda).
Per non parlare poi della pubblicità sessista, che vede l’Italia fanalino di coda riguardo questo tema, in cui il corpo femminile è usato come premio o come qualcosa da ottenere, per non parlare poi degli eventi motori, con modelle bamboline appetibili addestrate ad interviste piccanti per accontentare i visitatori (recentemente in un noto salone moto).
Ma allora di che parliamo? Che la violenza sia maschile su questo non ci piove e sulla rieducazione degli istinti maschili si può lavorare, ma non possiamo non vedere la controparte, quella che mi preoccupa di più, quella che non ha ancora capito da che parte stare. Già, perché proprio quella fetta di donne che si vende a certi meccanismi, per comodo o per denaro, quella fetta danneggia l’immagine di chi combatte per avere dignità, diritti e temo che affinché l’universo femminile sarà così diverso e poco coeso, non faremo grandi passi su questo tema.
Mi auguro che le donne, anche le più differenti, di qualsiasi etnia, colore, religione, ideologia, professione, ecc siano almeno unite su questa grande sfida, mettendo da parte le differenze, solo così si può vincere.
Barbara Grassilli (Ferrara libera)