Spettacoli
15 Novembre 2018
Tappa ferrarese per il discusso spettacolo che affronta le tematiche di genere

Fa’afafine a Ferrara: i bambini insegnano agli adulti identità, uguaglianza, differenza.

di Redazione | 5 min

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Era piena di adulti de-genderati mercoledì sera la platea della Sala Estense di Ferrara per la data estense di “Fa’afafine. Mi chiamo Alex e sono un dinosauro”, nell’ambito della programmazione 2018-19 de “La società a teatro”.

Forse, proprio come insegna la storia di Alex, è meglio scherzarci su, non prendere sempre così sul serio questo mondo di adulti in fondo abbastanza strani. Sì perché se dovessimo rimanere seri, la situazione sarebbe tragicamente grottesca.

“Fa’afafine” è uno spettacolo, scritto da Giuliano Scarpinato e interpretato da Michele Degirolamo, è stato realizzato da CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia e dal Teatro Biondo di Palermo con il patrocinio ufficiale di Amnesty International – Italia “per aver affrontato in modo significativo un tema particolarmente difficile a causa di pregiudizi ed ignoranza, rappresentando con dolcezza il dramma vissuto oggi da molti giovani”: identità di genere, orientamento sessuale e bullismo.

Ha vinto diversi premi: il premio Scenario Infanzia 2014, l’Eolo Awards 2016 – miglior spettacolo di teatro ragazzi e giovani, il premio Infogiovani 2015 – FIT Festival Lugano ed è stato selezionato al Visionari Kilowatt Festival 2016, infine è stato finalista Premio Rete Critica promossa dal Teatro Stabile del Veneto. Eppure, fin dalle prime repliche, ha dovuto costantemente fronteggiare oppositori che sui loro scudi recavano scritto “Difendiamo i nostri figli”; tanto che è stata fatta una petizione per chiedere all’ex Ministro Fedeli di impedirne le matinée per le scuole. A quanto pare – nel bene e nel male – il teatro è ancora un’arte che crea consapevolezza e riesce a far discutere.

Lo sanno bene due insegnanti della scuola primaria di San Pietro in Casale, presenti mercoledì sera in sala, che hanno raccontato l’esperienza della loro classe. Avevano deciso di portare gli allievi alla replica che si sarebbe tenuta al teatro di Castel d’Argile nel gennaio del 2017, quando “a circa un mese dallo spettacolo, veniamo convocate dalla nostra dirigente che ci dice che un comitato chiamato “Difendiamo i nostri figli” chiede che tutti i genitori della classe firmino un consenso informato per assistere alla rappresentazione”. Le maestre sono tranquille, hanno presentato la programmazione delle attività in tutte le sedi dovute, ma “in una nuova riunione con tutti i genitori abbiamo illustrato nuovamente le motivazioni pedagogico-didattiche della nostra scelta”. Alla fine i genitori di quattro bimbi comunque decidono di non far partecipare i loro figli e la dirigente predispone una programmazione didattica alternativa per chi quella mattina entra in classe. “Noi pensavamo fosse finita qui, invece, pochi giorni prima dello spettacolo ci siamo trovati uno striscione dell’area femminile di Forza Nuova fuori dalla scuola”. La responsabile della sezione bolognese del movimento femminile di Forza Nuova è Selene Ticchi, ora indagata per aver indossato a Predappio la maglietta con la scritta “Auschwitzland”.

Insomma “il clima si era fatto pesante”, tanto che la mattina della messa in scena i bambini sono entrati a teatro “fra due ali di agenti di polizia in assetto antisommossa. E ci chiedevano perché”. Inoltre le stesse due insegnanti qualche tempo dopo, dalle pagine di un giornale, sono state “accusate di celebrare matrimoni gay fra i ragazzi”. Senza contare, questo per loro è il più grande fallimento dell’alleanza che dovrebbe esserci fra scuola e famiglia, che “un bambino alla fine ha cambiato scuola”.

Naturalmente nessuno di quelli coinvolti in questa triste vicenda – tranne i genitori, i ragazzi e le maestre – ha visto “Fa’afafine”. Lo spettacolo, tratto dal libro “Il mio bellissimo arcobaleno”, storia vera di Lori Duron e di suo figlio C.J., non mette in scena alcun transgender, bensì un ragazzino che si trova nella fase di negoziazione della propria identità di genere e così, con la purezza e l’ingenuità di un bambino, decide che nei giorni pari sarà femmina e in quelli dispari maschio. E per non aver voluto o saputo nascondere i suoi sentimenti per il suo amico Elliot – quanti adulti potrebbero dire lo stesso? – ora i suoi compagni lo bullizzano e lui conosce, queste sì troppo presto, la paura, l’umiliazione e l’incomprensione. Ecco perché chiama in suo aiuto i fa’afafine: nella lingua di Samoa si chiamano così coloro che sin da bambini non amano identificarsi in un genere o nell’altro, un vero e proprio terzo genere, cui la società non impone una scelta e che gode di considerazione e rispetto.

Più che promuovere la fantomatica ideologia gender, “Fa’afafine” è un inno a quel che dovrebbe essere una famiglia. Ci sono due genitori – un uomo e una donna eterosessuali, sia chiaro – spiazzati da questo bambino che “non è come tutti gli altri”; ma non si arrendono davanti alla porta chiusa di Alex, uniti si mettono dalla parte di quel figlio ‘non-conforme’ e riescono a riconquistare la sua fiducia e a farlo uscire, a tornare nel mondo, sicuro di averli sempre accanto. La forza vittoriosa del volersi bene.

È uno spettacolo intelligente e divertente, con buone soluzioni sceniche e registiche, ben interpretato. “Fa’afafine” è stato pensato per i ragazzi, ma ha tanto da dire anche e forse soprattutto agli adulti, che hanno perso la capacità di immaginare di essere più cose contemporaneamente: una persona, un uccello, un pesce, un ornitorinco, un dinosauro… e tante altre cose ancora. È una favola sul non rassegnarsi alla terribile sentenza “Il mondo non può essere come vuoi tu”, sulla rivoluzionaria e utopica potenza che solo l’immaginazione di un bambino può avere.

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