Eventi e cultura
12 Novembre 2018
A Giurisprudenza un convegno con i "trovatori" di oggi che credono nella salvaguardia della lingua regionale

Ferrara riscopre la nuova letteratura occitanica

di Redazione | 2 min

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Monica Longobardi

L’Università di Ferrara stringe un nuovo gemellaggio letterario con i “trovatori” di oggi che verrà suggellato nel convegno internazionale dedicato alla letteratura occitanica in programma martedì 20 e mercoledì 21 novembre presso il Dipartimento di Giurisprudenza in corso Ercole I d’Este.

All’incontro, intitolato “E nadi contra suberna – Essere ‘trovatori’ oggi” e organizzato dalla docente di Filologia Romanza Monica Longobardi, si avrà l’occasione di conoscere autori come Delavouët, che Lawrence Durrell riteneva degno del Nobel, ma che volle rimanere contadino di professione. Così volle pure Marcela Delpastre, che continuò a lavorare nella sua tenuta e con il suo bestiame, pur interrogando l’universo e la natura.

E poi Sauvaigo, scrittore, cantautore, poeta, acquarellista, disegnatore di fumetti, chiuso nella sua Nizza (Going back to Nissa la bèla), di cui canta Pepin (Garibaldi), ma riflette sul senso di una mozione identitaria oggi. E poi un giovane artista che, dopo aver vissuto un’infanzia nomade, ed aver appreso molte lingue diverse, impara l’occitano e ne fa idioma d’elezione per le sue canzoni.

Infine, si seguiranno le avventure del commissario Darnaudguilhem, nel suo verde Périgord, alle prese con la morte del guru della setta dei “Fratelli delle Stelle”, di scheletri di soldati dell’ultima guerra, di medici che espiano con la morte i crimini perpetrati sulla salute di una ignara donna (lo scrittore, presente a Ferrara, è stato medico).

Ferrara è l’unica sede universitaria in Italia che ha attivato rapporti scientifici con poeti, cantanti e scrittori, eredi della grande stagione trobadorica, che si ostinano a creare letteratura in una lingua regionale vivacissima, in nome del motto europeo “In varietate concordia”. Forse di più: in nome di una memoria che unisce le lingue europee, grandi e piccole, e che gli studi umanistici sono vocati a custodire gelosamente e salvare dall’oblio.

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