Cento
9 Novembre 2018
Giovedì al teatro don Zucchini una serata tutta dedicata al progetto di accoglienza e integrazione Caritas

“Protetto, rifugiato a casa mia”. Il gruppo interparrocchiale accoglie due rifugiati

di Redazione | 2 min

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Cento. “Protetto, rifugiato a casa mia”: questo il titolo del primo incontro dei Giovedì culturali, organizzato giovedì sera presso il teatro don Zucchini, in collaborazione con le parrocchie di Cento.

Una serata tutta dedicata al progetto di accoglienza e integrazione Caritas, proposto dalla diocesi di Bologna e accolto dalla zona pastorale di Cento: dalla prossima settimana, infatti, il gruppo interparrocchiale di oltre 20 persone accoglierà un ragazzo ghanese e un ragazzo pakistano, con lo status di rifugiati, presso un appartamento messo a disposizione dalla parrocchia di San Pietro.

“L’obiettivo è quello di far sì che i rifugiati, in 6 mesi, grazie all’ospitalità, alla vicinanza e all’aiuto dei volontari” spiegano i referenti delle parrocchie centesi, “possano inserirsi nel mondo del lavoro e nella comunità”. L’auspicio primario è tuttavia quello di “sensibilizzare all’accoglienza e all’apertura dell’altro”.

Ad approfondire il tema, i due relatori Vincenzo Passerini, autore del libro “La solitudine di Omran” e Stefano Marcolini, consulente legale del Centro servizi integrati per l’immigrazione del comune di Ferrara.

Profugo, clandestino, rifugiato, richiedente asilo: tutti termini che, al giorno d’oggi, vengono abusati senza coglierne le reali differenze. Nello specifico, lo status di rifugiato è definita dalla Convenzione di Ginevra: “Il rifugiato è una persona che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole avvalersi della protezione di tale Paese” ha spiegato Marcolini. La protezione internazionale può venire concessa come protezione sussidiaria o come asilo politico, “quando c’è il fondato timore che il ritorno al Paese d’origine possa ledere all’incolumità del rifugiato”. I richiedenti asilo politico sono sottoposti a un iter di selezione davanti alle 32 commissioni italiane.

Sono 34.361, dal 1993, i morti in mare soltanto sulle rotte verso l’Europa: e se dal 2018 c’è stata una riduzione degli sbarchi, la percentuale di morti o dispersi è del 20% e “non è mai stata così alta” secondo Passerini. E, ricorda, “l’Italia e l’Europa non sono la croce rossa del mondo: il peso maggiore grava sui Paesi più poveri, come la Turchia, il Pakistan, l’Uganda, il Libano, l’Africa, che accoglie l’80% dei 22 milioni di profughi”.

E Passerini conclude con una riflessione il proprio intervento: “Di fronte a questo mescolarsi inevitabile di culture ed etnie, vogliamo barricarci dietro il rimpianto di un mondo che non c’è più oppure investire nella speranza, nel dialogo e nella convivenza?”. Perché l’unico modo per ricordare davvero quei 34 mila morti, “è di aiutare i vivi: anche solo uno di loro”.

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