Attualità
3 Novembre 2018
L'associazione anti-caccia riferisce di un episodio avvenuto a Pontegradella: "Sembrava il Far West. Residenti ignorati dalle istituzioni"

Leal denuncia: “A Ferrara cacciatori sparano vicino alle case e nessuno interviene”

di Redazione | 3 min

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(archivio)

Pontegradella. Cacciatori che sparano alla selvaggina non distanti dalle abitazioni e residenti di Pontegradella allarmati dalla loro presenza che chiedono un intervento degli enti preposti, senza però ottenere soddisfazione. E’ quanto riferisce Stefania Corradini della Leal sezione di Ferrara, l’associazione che si batte per l’abolizione della caccia, riportando quanto accaduto il 27 ottobre e lamentando il fatto che i cittadijni della zona siano rimasti inascoltati.

“Fin dalle prime ore del mattino – racconta – alcuni cacciatori, appostati nel fossato di un campo agricolo retrostante alle abitazioni, da cui erano visibili a occhio nudo, hanno iniziato a sparare senza tregua, in ogni direzione la selvaggina si dirigesse per colpirla. Temendo per la propria incolumità, i residenti hanno telefonato agli enti preposti al controllo della caccia. Dall’ufficio caccia e pesca nessuna risposta. Le guardie zoofile hanno risposto di non poter intervenire e di chiamare la Polizia Provinciale o il 112. Il telefono della Polizia Provinciale è sempre squillato a vuoto più volte. Ha risposto alla chiamata il 112, promettendo di inviare qualcuno ma poiché dopo un tempo indefinito, riempito solo dai rumori assordanti degli spari, nessuno si presentava, si procedeva ad una seconda chiamata al 112, in cui si rassicurava che era stata avvertita la Polizia Forestale. Nessuno si è mai visto e gli spari continuavano come se fosse in atto una guerra”.

E’ stato a quel punto che i residenti hanno contattato la responsabile Leal del territorio di Ferrara, che a sua volta ha telefonato personalmente al 112 e le sarebbe stato risposto che erano già a conoscenza del problema e che chiamando stava facendo un’azione di disturbo. “Il giorno successivo al folle massacro – continua Stefania Corradini – su quel campo regnava un silenzio spettrale. Unica forma di vita rimasta un piccione riverso nel fossato, lasciato agonizzante in mezzo alla sterpaglia, incapace di volare e con una zampa amputata in cui era ben visibile un’ustione da arma da fuoco. Volatile non gradito ai palati sopraffini dei cacciatori abituati a cibarsi di fagiani, pernici e anatre selvatiche. Questa è stata la sua salvezza. E’ stato raccolto, portato al sicuro e curato. Disseminati nel campo arato erano presenti bossoli di ogni grandezza, materiale e colore che danno il loro grave contributo in termini di inquinamento ambientale da piombo e sostanze plastiche, considerando che in quel terreno verranno coltivati cereali e ortaggi destinati alla nostra alimentazione”.

Stefania Corradini prosegue: “Il fatto che dei cittadini, inascoltati da chi sarebbe preposto alla loro incolumità e sicurezza, si rivolgano a una associazione che difende i diritti degli animali, la dice lunga di come le doppiette siano estremamente privilegiate e tutelate rispetto ai comuni cittadini e di come i controlli siano praticamente inesistenti”. “Se fosse intervenuto un guardiacaccia – sostiene Corradini – avrebbe potuto procedere ad una verifica delle licenze al porto di fucile, avrebbe potuto prendere visione diretta della direzione degli spari”.

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